Welfare

«Dopo di me voglio 30 leader»

Alla vigilia del suo 80esimo compleanno per la prima volta il fondatore parla del futuro di Exodus

di Redazione

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La definizione che più sente sua la deve al collega don Verzè «che fin dal nostro incontro mi ha definito un irregolare». Il 30 novembre l’irregolare don Antonio Mazzi soffierà sulle sue “prime” 80 candeline, proprio nell’anno in cui la sua creatura più amata, Exodus, ha festeggiato i 25 anni di vita (celebrati con l’uscita del suo ultimo libro, Di squola si muore, 110 pagine, 11 euro, San Paolo Edizioni).
Tempo di bilanci, si direbbe. E invece no. Nel cuore del parco Lambro – un tempo lo zoo di Berlino a Milano, dove si trova la cabina di regia della sua comunità con attività sparse in tutto il pianeta, dall’Argentina al Madagascar – con don Antonio, seduto alla grande scrivania di legno che riempie l’ufficio di via Marotta, si finisce col parlare molto più di futuro che di passato. Con una piccola eccezione. Cruciale però per comprendere come un ragazzo veronese di 21 anni, orfano di padre (morto all’età di 30 anni per una polmonite), con una madre ricamatrice «che per mantenerci lavorava giorno e notte», abbia scelto la strada del seminario invece di laurearsi al Conservatorio («suonavo l’organo») come aveva sempre sognato.
Anno 1951. Il Polesine viene sconvolto da quella che sarà ricordata come la grande alluvione del Po. Il bilancio è terribile: 88 vittime e 5.674 case distrutte o danneggiate. «Ero molto giovane. Dalla sera alla mattina sono arrivati centinaia di sfollati e orfani. Mi sono chiesto: “Chi farà da padre a questi giovani?”». Una risposta gli ronzava in testa: «Se diventassi prete magari potrei dare una mano».
Da lì all’arruolamento nella fila dell’Opera don Calabria fino alla nascita di Exodus, passando tra i malati psichiatrici sotto la guida di Basaglia e i ragazzi difficili della borgata romana di Primavalle, il passo è stato breve.

Vita: È così che si diventa uno dei sacerdoti più popolari e televisivi d’Italia?
Antonio Mazzi: Non ho mai voluto protettori né in campo ecclesiastico né in campo politico. L’unica strada per garantirmi l’indipendenza è stato puntare sulla popolarità. Ci sono dei poteri onnipotenti che vanno affrontati. I mass media sono fra questi. È inutile maledirli. Quando ci sono 60 milioni di italiani che hanno 80 milioni di televisioni e 100 milioni di telefonini non resta che cavalcare l’onda. Ma la vera sfida è un’altra.

 

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