Non profit

È il micro-agricoltore il primo presidio contro la fame

Stefano Piziali (Cesvi): «Avviare buone pratiche di cooperazione per prevenire le emergenze»

di Redazione

Angola, Etiopia, Haiti, India, Laos, Mozambico, Sudan, Pakistan… Sono 26, tra Africa e Asia, i Paesi a maggior rischio “sicurezza alimentare”. A rivelarlo è l’Indice globale della fame, che dal 1990 è stilato annualmente dall’Ifpri – International Food Policy Research Institute di Washington e in Italia è tradotto e presentato da Link 2007, consorzio che raduna dieci delle principali ong italiane.
L’edizione 2010 dell’Indice ha vinto il Mercury Award come “miglior rapporto europeo”, ed è entrato nella programmazione della Commissione Europea 2011-2013 per la sicurezza alimentare. Merito (anche) del focus sulle impennate dei prezzi alimentari, registrate nella prima metà del 2011.
Una contingenza che ha reso ancora più urgente ragionare su un piano d’azione da mettere in campo per proteggere le persone più vulnerabili dagli effetti più duri dell’aumento e della variabilità dei prezzi, come spiega spiega Stefano Piziali di Cesvi, che ha curato l’edizione italiana dell’Indice. «Lo si può fare rivedendo le politiche sui biocarburanti, regolando l’attività finanziaria nei mercati alimentari e mitigando gli effetti dei cambiamenti climatici», dice Piziali, «ed è inoltre di vitale importanza costituire riserve alimentari e condividere informazioni sui mercati in modo più trasparente». Ma è altrettato importante sviluppare interventi collaterali che accrescano la capacità delle popolazioni di resistere ai cambiamenti repentini dei prezzi alimentari. «È fondamentale rafforzare i sistemi di protezione sociale, investire nell’agricoltura sostenibile su piccola scala, migliorare le opportunità di sostentamento per la popolazione povera sia rurale che urbana e potenziare l’offerta di servizi di base come l’istruzione, la sanità e i servizi igienico-sanitari».
Un esempio di quanto buone politiche e buona cooperazione possano incidere in situazioni che diventano d’emergenza è dato dalla crisi nel Corno D’Africa. «Non tutti i Paesi della regione hanno patito le conseguenze della siccità», afferma Piziali, «proprio perché negli scorsi anni hanno saputo combinare politiche di cooperazione allo sviluppo con la promozione del mercato alimentare e agricolo locale».

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