Non profit

È il primo passo dell’accesso che può salvare milioni di vite ogni anno

Clean cooking

di Redazione

Sono 2,4 miliardi le persone che non hanno accesso alle attrezzature necessarie per cucinare in modo pulito e soprattutto sicuro. La maggior parte della popolazione nei Paesi in via di sviluppo dipende dalle biomasse tradizionali per adempiere alle attività domestiche quotidiane e l’84% di queste persone si trova nelle zone rurali. Sembra un aspetto di secondo piano rispetto ai grandi discorsi sulla sostenibilità ambientale e l’accesso all’energia, e invece è un tema chiave. Nonostante le previsioni di crescita economica, di progresso tecnologico e di aumento degli investimenti futuri nei servizi energetici, l’Agenzia internazionale dell’energia prevede che nel 2030, come risultato della crescita della popolazione, 2,7 miliardi di persone continueranno a non avere accesso a sistemi di cottura puliti e sicuri, a meno che non vengano immediatamente adottate nuove misure per la promozione dell’accesso energetico di base.
Le esalazioni delle stufe da cucina sono estremamente dannose per la salute, possono provocare malattie croniche e avere anche effetti più dannosi come tumori ai polmoni, enfisemi e malattie cardiovascolari. La World Health Organization classifica questo tipo di esalazioni tra le principali minacce alla salute nei Paesi in via di sviluppo. Secondo la Global Alliance for Clean Stoves, l’organizzazione volta alla promozione dei sistemi di cottura sicura, l’esposizione alle esalazioni delle stufe tradizionali e dei falò causa circa 2 milioni di morti premature all’anno e le vittime sono principalmente donne e bambini.

Il richiamo dell’Agenzia
La dipendenza dalle biomasse per cucinare e per far funzionare i sistemi di riscaldamento domestico aumenta la pressione sulle risorse naturali locali (con importanti ricadute, ad esempio, sul disboscamento delle foreste e la contaminazione degli habitat naturali) e obbliga le donne e i bambini a dedicare molto tempo alla ricerca di legna da ardere, costringendoli a rinunciare ad altre attività più produttive. Questo sistema di approvvigionamento delle risorse rappresenta una minaccia soprattutto all’incolumità personale di donne e bambine, costrette ad andare in cerca di materiale per la combustione anche nei campi profughi e nelle zone di conflitto. Le emissioni da gas serra derivanti dai sistemi di combustione di queste modalità di cottura non fanno che contribuire al cambiamento climatico.
L’Agenzia internazionale dell’energia ritiene che su questo tema i governi debbano adottare un quadro normativo ben chiaro, delle forti misure di governance e debbano inoltre investire nella formazione tecnica. Nel rapporto sull’accesso globale all’energia del 2011, l’Agenzia consiglia che una parte importante degli investimenti multilaterali e bilaterali venga concentrata in quelle aree geografiche in cui l’accesso energetico risulta particolarmente difficile e che non presentano un ritorno commerciale immediato. Intervenire attraverso le banche locali e i sistemi di microcredito potrà rappresentare un valido supporto alla creazione di network locali e allo sviluppo di competenze nel settore energetico.

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