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Ecuador, l’equosolidale si fa stradaEcco come si batte lo strapotere dei bananeros

focus fairtrade

di Redazione

Con una media annua di 4,3 milioni di tonnellate di banane vendute nell’ultimo quinquennio, l’Ecuador è il primo esportatore mondiale di questo frutto di cui rifornisce il 25% del mercato mondiale. 180mila ettari di piantagioni, 250mila posti di lavoro (il 14% della popolazione attiva, calcolando anche l’indotto). Diversamente da altri paesi produttori dove le piantagioni sono proprietà delle tre grandi multinazionali (Dole, Chiquita Brands e Del Monte), in Ecuador i produttori sono essenzialmente i circa seimila coltivatori nazionali.
Molti di essi hanno però contratti con la Dole che copre un quarto circa delle esportazioni di banane del Paese. Poi c’è Bananera Noboa, che col marchio Bonita esporta metà delle banane ecuadoriane. Proprietà di Alvaro Noboa, uno degli uomini più ricchi dell’America Latina, è la bestia nera dei piccoli e medi coltivatori perché vuole costringerli a vendere le piantagioni al ribasso utilizzando qualsiasi mezzo.
La situazione per i lavoratori è disastrosa: dodici ore al giorno per un salario che varia da 30 a 70 dollari la settimana. In pratica, sul prezzo di una banana venduta al mercato europeo, la percentuale del 10-15% va al proprietario della piantagione e solo l’1,5 -2% va al lavoratore.
Quello dell’Ecuador è un esempio delle condizioni di lavoro nelle piantagioni cui ha cercato di rispondere il commercio equo e in particolare Flo (Fairtrade labelling organizations international), il coordinamento internazionale dei marchi di garanzia. Nelle banane certificate Fairtrade si possono ritrovare tutti i criteri che contraddistinguono il commercio equo: contratti di acquisto duraturi con i produttori, riconoscimento di un prezzo adeguato a coprire i costi, riconoscimento di un margine ulteriore da investire in progetti sociali e sanitari. El Prieto, per esempio, storica azienda di produzione di banane biologiche in Ecuador, è riuscita così a realizzare un programma sanitario per l’assistenza di base dei propri lavoratori; ad organizzare corsi di formazione; ad elargire un bonus per la manutenzione delle abitazioni. Il prezzo Fairtrade riconosciuto è infatti circa il 30% del prezzo pagato dal consumatore, anche nei supermercati italiani.
www.fairtradeitalia.it
www.bananalink.org.uk
www.fairtrade.net/hlabour.html

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