Non profit
Emergency riparte nel nome della madre
La ong guarda al futuro dopo la scomparsa della presidente
di Redazione

Successo per l’appuntamento di Firenze. Protagonista,
tra gli altri, la figlia di Teresa, Cecilia Strada «Chi non la conosceva piange, chi la conosceva le sorride». Si è aperto così, con le straordinarie parole di Cecilia Strada su sua madre Teresa Sarti, pronunciate di fronte a un Nelson Mandela Forum gremito di migliaia di persone, l’ottavo incontro dei volontari di Emergency a Firenze: un incontro che si annunciava ricco di spunti e di programmi ma anche molto difficile, nel delicato compito di fare i conti con l’assenza di Teresa, anima e presidente dell’associazione, e insieme con il suo superamento a solo una settimana dalla sua scomparsa.
Alla fine però il bilancio è assolutamente positivo, e si riassume sia nei numeri – più di 6.500 sia venerdì che sabato sera per ospiti d’eccezione come Patty Smith, Fiorella Mannoia, Pierò Pelù, Lorenzo Cherubini e tanti altri – sia nell’entusiasmo con cui, sorridendo idealmente a Teresa, esperti, medici e volontari si sono alternati in dibattiti e seminari, oltre a spettacoli e veri e propri grandi show.
È una Emergency come e più di sempre radicata nel territorio e rivolta verso i problemi contemporanei quella che si è ritrovata a discutere con Peacereporter, don Virginio Colmegna e Fortress Europe di migranti e politiche preoccupantemente razziste nel nostro Paese. Un’Emergency che guarda con grande apprensione alle decisioni che negano le terapie e creano discriminazioni nei più basilari diritti di essere curati, e che si chiede con quale ruolo e in quale spazio l’associazione possa praticare la propria idea di medicina anche in Italia. Ancora: un’associazione che dimostra la volontà forte di opposizione rispetto a un’industria della salute che, essendo ormai settore trainante dell’economia in Italia con 100 miliardi di fatturato l’anno, è sempre più strumento di business anziché di cura.
Come opporsi alla dilagante perdita di diritti, nel Sud ma anche nel Nord del mondo, in un contesto sempre più incerto e spaventato di fronte a problemi vecchi ma incalzanti come quello dell’immigrazione? La “ricetta Emergency” è sempre la stessa e si ripropone anche quest’anno e dopo quest’incontro ancora più radicata: il principio della pratica dei diritti come mezzo per promuovere l’uguaglianza, il rispetto dell’altro e del suo diritto a essere curato come cureremmo noi stessi: con una sanità gratuita e di eccellenza, una sanità rivolta ai bisogni di cura reale (in Africa soprattutto verso le malattie cardiovascolari, stimate dall’Oms come prima causa di morte nel 2020) ma anche a quelli di dignità e reinserimento sociale realizzati nel Kurdistan iracheno attraverso laboratori per l’inserimento lavorativo degli ex pazienti amputati da mina.
Emergency celebra dunque questi 15 anni (e i tre milioni e mezzo di persone curate) rivolta al futuro e alle sfide che presenta, pronta ad aprirsi alla ricezione e comprensione dei bisogni e alle sacche di sofferenza per reagire, ragionare e disegnare il proprio percorso di domani.
A quale nuovo presidente dell’associazione toccherà il compito di guidare l’organizzazione in questa fase non è ancora dato sapere (nei prossimi mesi l’assemblea dei 72 soci si riunirà per eleggere il consiglio direttivo e il nuovo presidente, vedi box); c’è solo da augurarsi che comunque sia in grado di trarre dallo spirito di questi giorni l’impronta per delineare il futuro.
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