Uno dei principali problemi per chi fa ricerca nel campo delle imprese cooperative e sociali riguarda l’identificazione delle attività. Per la precisione, i problemi sono di due tipi: da una parte non si dispone di classificazioni capaci di codificare le attività svolte in settori chiave. Ancora oggi, nei database delle Camere di commercio un gran numero di cooperative sociali è ricompreso in un settore ? “altri servizi sociali e personali” ? che dice poco o nulla rispetto al contenuto della loro produzione. E questo nonostante si tratti di imprese ormai consolidate che operano in un comparto, quello del welfare, ben articolato in termini di servizi e utenti. Esiste però un altro problema legato alle attività, ovvero che i beni prodotti dall’imprenditoria sociale incorporano elementi di valore legati alla mission distintiva di queste imprese. “Coesione sociale”, “cura”, “educazione” ecc. rappresentano quei caratteri di utilità sociale che sostanziano l’obiettivo di interesse generale.
Il caso del consorzio Cedis – Consorzio elettrico di Storo, in provincia di Trento, è emblematico. Se si guarda al settore di attività in senso stretto, lo si classifica come impresa che opera nell’ambito della produzione e distribuzione di energia elettrica. Si tratta di un’informazione rilevante, ma non esaustiva. Perché identifica, in un settore monopolizzato da organizzazioni pubbliche, parapubbliche ed ex pubbliche, un soggetto privato che amministra una risorsa naturale (acqua ed energia elettrica) in forma di bene collettivo. Non esaustiva perché guardando anche ad altre attività svolte ? in primis, la fibra ottica e la telefonia ? si evidenzia quello che è il vero e proprio core business di Cedis: lo sviluppo della comunità. Non si tratta peraltro di un caso isolato; emergono ? o spesso riemergono ? casi di cooperative e di imprese sociali che diversificano la loro produzione non per seguire le tendenze dei mercati, ma per servire l’interesse generale della loro comunità. Al di là delle dichiarazioni di rito, non è comunque facile individuare queste imprese. Spesso infatti agiscono sotto mentite spoglie, ovvero in settori di attività estremamente differenziati. Per farle emergere bisogna guardare a caratteristiche diverse dalla produzione economica. Occorre considerare, ad esempio, la capacità di attivazione delle risorse, di qualsiasi tipo, legate a un contesto sociale, economico e ambientale che si definisce “territorio”. E poi occorre anche guardare al ruolo svolto dai beneficiari dei beni e dei servizi per quanto riguarda il controllo e la guida dell’organizzazione. Più i ruoli di consumatore e di proprietario si confondono e più è facile che si tratti, come nel caso di Cedis, di un’impresa sociale di comunità.
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