«Nella mia poesia c’è una partecipazione alle cose nel senso che devo essere grato alle cose per avermi dato l’occasione di pensare a realtà meno superficiali». Parlava così Luciano Erba, poeta della “linea lombarda”, classe 1922, scomparso ai primi di agosto. Ironica e raffinata la sua poesia. Lo ricordiamo con questi due brani.
Esiste quella che chiamo una “superficialità profonda”, diversa dalla “profondità superficiale” di altri autori che mettono in questione realtà più importanti, i massimi sistemi, realtà che – non per insufficienza dell’autore, ma per insufficienza della parola, dei mezzi espressivi, per la stessa complessità delle cose chiamate in causa – galleggiano, non sono approfondite ma, tratte dal profondo, sono costrette a una vita di superficie. Io invece dal di sopra vorrei andare al di sotto: ecco perché vi è questa preminenza di realtà minimali che hanno una loro ragion d’essere, se non altro perché danno modo di passare a realtà più importanti.
da La biblioteca delle voci. Interviste
a 25 poeti italiani, Joker, 2005
Abitano mondi intermedi / spazi di fisica pura /le cose senza prestigio /gli oggetti senza design /la cravatta per il mio compleanno /le Trabant dei paesi dell’est. /Tèrbano, ma che vorrà dire? / Forse meglio di altri /esprimono una loro tensione / un’aura, si diceva una volta / verso quanto ci circonda.
«Un cosmo qualunque»
da L’ipotesi circense, Garzanti, 1995
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