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Eseguita la condanna di Troy Davis

La campagna di Amnesty non ha salvato dal boia l'afroamericano

di Redazione

“Sono innocente. Quello che è accaduto quella notte non è stato per colpa mia. Non avevo armi”. Queste le ultime parole pronunciate da Troy Davis, la cui esecuzione è stata eseguita alle 11 di ieri sera nel carcere di Jackson, in Georgia. “A coloro che si apprestano a togliermi la vita, che Dio vi benedica”, ha aggiunto prima dell’iniezione letale. “Tutto ciò che posso chiedere – ha ancora detto secondo quanto riferito da un giornalista – è che andiate a fondo di questo caso in modo che possiate finalmente vedere la verità”. Davis è stato dichiarato morto alle 11.08 locali, 15 minuti dopo l’inizio dell’esecuzione avvenuta dopo il no della Corte Suprema ad una richiesta di rinvio.
Si è così chiusa tragicamente la campagna portata avanti da diversi anni da Amnesty International e dagli abolizionisti americani per salvare la vita al 42enne afroamericano, condannato nel 1991 per l’omicidio, avvenuto nel 1989 in un parcheggio di Savannah, di un poliziotto. Una condanna a morte su cui pesavano “ampi e profondi dubbi”, come ha scritto nei giorni scorsi William Session, ex direttore dell’Fbi che è un sostenitore della pena di morte ma che si era unito al coro di chi chiedeva la grazia per Davis per scongiurare il rischio di mettere a morte un innocente. Davis infatti era stato condannato solo sulla base di prove indiziarie: l’arma del delitto non è mai stata trovata e nessuna prova scientifica ha dimostrato la sua presenza sul luogo del delitto. Inoltre sette dei nove testimoni la cui deposizione è stata cruciale per la condanna hanno negli anni ritrattato o cambiato sostanzialmente la loro versione. Alcuni hanno denunciato – secondo quanto riporta Amnesty – pressioni e coercizioni da parte della polizia. Negli scorsi anni erano state fissate altre quattro date per l’esecuzione: di Davis nel 2007 era stata la state board parole a bloccarla mentre il detenuto si preparava alle sue ultime ore, affermando che non si poteva procedere a meno che “tutti i suoi membri erano convinti senza alcun ragionevole dubbio della colpevolezza dell’accusato”. Da allora nel board sono entrati tre nuovi membri.  Mentre nel 2008 era intervenuta, appena 90 minuti prima dell’inizio dell’esecuzione, la Corte Suprema degli Stati Uniti che poi però non aveva accolto la richiesta di revisione del caso. In questi anni Amnesty aveva raccolto una campagna internazionale a sostegno di Davis, appoggiata da Benedetto XVI. Il Vaticano nei giorni scorsi ha anche diffuso un ultimo appello alle autorità della Georgia per fermare l’esecuzione. Anche la Francia ha fatto lo stesso, mentre Amnesty ha presentato quasi un milione di firme per salvare la vita al detenuto. Ma questo non ha fermato la mano del boia.

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