Non profit

Expo, l’allestimento si chiama Italia

di Redazione

Col mese di maggio prende il via l’Expo di Shanghai che cade in un momento di grande attenzione per la Cina, considerato un Paese in ascesa. Sono le prove del prossimo Expo, che fra cinque anni si celebrerà in Italia, a Milano, dove ancora manca la messa in moto di un certo sistema. Mi riferisco all’attesa dei territori, dei Comuni, delle aree che vorrebbero in qualche modo mostrarsi al mondo, ma che in mancanza di un progetto organico rischiano di arrivare all’appuntamento in modo sparso e confuso. Che si fa al di fuori della cerchia di Milano? Ancora non è ben chiaro. C’è un progetto affascinante, che è stato presentato recentemente mettendo in luce l’esaltazione delle biodiversità, ma ancora non c’è la comunicazione della naturale attrattiva che rappresenta l’Italia e che probabilmente Shanghai non ha. Ed è il turismo, il mito di un Paese pieno di ricchezze, fatto di tanti paesi, di tante storie, di tanti saperi.
Se la politica che comanda la nave non è informata ai criteri della sussidiarietà, non potrà fare altro che scegliere la strada opposta: quella degli interessi. Ora, da un lato c’è un progetto affascinante, dall’altro c’è il rischio di mettere in un angolo tutto il patrimonio di scoperte e di piccole realtà, con la supponenza di chi sa da par suo la strategia giusta. Basterebbe avviare un semplice progetto condiviso via internet, ma soprattutto basterebbe rispettare l’amore nel raccontare la civiltà che ospiterà l’Expo nel 2015. Al di là degli allestimenti e dei masterplan, l’Italia ha già un suo naturale allestimento, che può permettere di proporre il grande tour nella terra del mito. Qualcuno è già pronto per tutto questo, ma non ci sono ancora standard condivisi per partecipare al gioco. Se non saranno indicati, l’armata Brancaleone che si presenta divisa a far promozione all’estero, replicherà anche in casa sua i medesimi errori che hanno portato allo spreco. Qualcuno ci darà una risposta?

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