Non profit

farmaci orfani: c’è chi ci crede

di Redazione

Malattie rare uguale farmaci orfani, uguale ricerca. Poca ricerca significa indisponibilità delle medicine e inutilità delle diagnosi. L’equazione è presto fatta. Fabrizio Seidita, pediatra e presidente dell’Aig – Associazione italiana glicogenosi, nata per offrire supporto alle famiglie colpite dall’omonima patologia metabolica rara, non usa mezzi termini: «In un Paese che si è completamente disinteressato di investire nel settore, ben venga l’intervento dei colossi farmaceutici». Se solo fossero disposti a colmare il vuoto lasciato dalle istituzioni. Se solo il mercato dei farmaci orfani fosse tale da giustificare investimenti industriali. Se solo fosse possibile avviare sinergie strategiche pubblico-private con le associazioni di pazienti. Se, se, se?
Nel frattempo all’Aig, già impegnata sul fronte dell’informazione e del sostegno pratico e psicologico alle famiglie, i progetti di ricerca sulla glicogenesi tocca finanziarli da sé: «In parte direttamente, con fondi propri, in parte con sovvenzioni Telethon. Vero è che alcune aziende cominciano a guardare il farmaco orfano come occasione di business, oltre che un investimento etico», dice Seidita. «I costi produttivi sono alti, ma i prezzi altrettanto elevati sul mercato finale potrebbero giustificare l’interesse dell’industria. Purtroppo, gli stessi costi dissuadono le autorità regionali a deliberarne l’effettiva erogazione». L’inghippo è questo: «Un conto è la disponibilità del farmaco, un’altra l’accessibilità: la prima dipende dall’autorizzazione Aifa, la seconda dalle politiche sanitarie regionali. E per le malattie rare l’autonomia territoriale è semplicemente un disastro».

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