Non profit

Focsiv: arrivare presto a una soluzione per i visti

Dopo la denuncia delle difficoltà di alcuni giovani costretti a interrompere l'anno di servizo a causa di probremi nei documenti, ecco quali sono gli intoppi e le possibili vie d'uscita

di Redazione

Un problema da risolvere al più presto. Da circa tre anni i governi di alcuni paesi dove si svolgono progetti di Scn, Servizio civile nazionale, hanno inasprito le proprie politiche migratorie, soprattutto nei confronti degli Stati economicamente più avanzati. In alcuni casi si tratta di una risposta alla crescente reticenza di questi ultimi a rilasciare visti, altre volte di una misura di protezione dell'occupazione locale, sempre più minacciata da un'immigrazione qualificata. Come il Ruanda (vedasi in allegato a destra il caso dei tre giovani che recentemente hanno dovuto interrompere il servizio), anche Brasile, Mozambico, Etiopia e India negli scorsi anni hanno dato non pochi grattacapi ad enti e ong, tant'è che due anni fa un volontario non è partito affatto. Il problema non riguarda solo i volontari in Servizio civile, ma in alcuni casi anche cooperanti e volontari dello Sve, Servizio volontario europeo.

Secondo il Decreto della presidenza del Consiglio di ministri del 4 novembre 2009 la responsabilità di provvedere all'ottenimento dei visti e della documentazione necessaria alla permanenza all'estero dei volontari è di competenza dell'ente inviante. «Non essendo riconosciuta dal Mae, Ministero affari esteri, la figura del volontario in servizio civile, non esiste alcuna formula, nessuna procedura standard né protocolli da seguire per tutti i volontari nei diversi paesi, per cui ogni organismo ha sempre ovviato al problema in modo diverso secondo la propria esperienza», commenta Enrica Marongiu, responsabile servizio civile della Focsiv; federazione degli organi cristiani di servizio volontario internazionale.

In mancanza di procedure comuni e avendo ciascun consolato regole diverse per la concessione dei visti, ogni caso fa scuola a sé. A volte i volontari partono con visti turistici, di tirocinio, di ricerca o di lavoro, altre volte con un permesso d'ingresso o beneficiando del periodo di permanenza per motivi turistici (solitamente 90 giorni) concesso ai cittadini italiani senza bisogno di visti. Successivamente i ragazzi lasciano il paese per qualche giorno, sconfinando in Stati vicini e rientrano per beneficiare di un ennesimo permesso o tornano in Italia per rifare il visto. Raramente esiste un visto di volontariato.

Da anni la rappresentanza chiede una definizione dello status del volontario in SC e una definitiva soluzione del problema dei visti, ma a 15 anni dalla nascita del Servizio Civile all'estero non si è ancora trovata una soluzione. I recenti avvenimenti sembrano però aver aperto la possibilità di una collaborazione con il Ministero degli Esteri sia per quanto riguarda la problematica dei visti sia per il voto all'estero, che a pochi giorni dalle elezioni è quanto mai d'attualità. D'altronde, il D. lgs N. 77/2002 contempla già questa possibilità, sebbene finora una collaborazione ci sia stata solo in caso di crisi nei paesi ospitanti.

Al momento l'Ufficio per il Servizio civile ha steso una bozza di accordo da proporre al governo ruandese, ma «l’iter burocratico è lungo e tortuoso», ricorda Enrica Marongiu. «Focsiv  continua tuttavia a collaborare con l'Ufficio per cercare di affrontare sia il problema dei visti che il riconoscimento della figura del volontario in modo più radicale e risolutivo: continuando ad insistere in questa direzione speriamo presto di arrivare ad una soluzione stabile e duratura.»

 

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