Non profit

Fondi europei:bl’Italia semina, bma non raccoglie

politiche sociali Focus sui budget tematici 2002-2006

di Redazione

Siamo fra i primi contribuenti, ma fra gli ultimi nella graduatoria dei beneficiari. E i nostri progetti, pur avendo una buona percentuale di approvazione, ricevono finanziamenti modesti S ono i numeri a dirlo. L’Italia è uno dei primi contribuenti dell’Unione Europea, ma non è uno dei primi beneficiari dei fondi messi a disposizione a Bruxelles. Diamo più soldi, in sostanza, di quanti ne riceviamo. La conferma, l’ultima, viene da un rapporto del Censis che prende in esame l’utilizzo dei finanziamenti tematici europei 2002-2006 (l’analisi non include i fondi strutturali). Lo studio, commissionato dal Dipartimento delle Politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio, contiene delle conferme ma anche delle interessanti novità.

Equal ad alta partedipazione
I ricercatori hanno analizzato i programmi per le politiche sociali e quelli per la cooperazione e gli aiuti allo sviluppo. Due i dati di fondo che emergono dal lavoro del Censis: per quanto riguarda gli strumenti per la riduzione delle disparità, l’Italia riesce a spuntare in media bassi importi per singolo progetto; il limite dei programmi di sostegno ai Paesi poveri, invece, è la modesta percentuale di successo dei progetti. In questi due ambiti, tuttavia, le performance di utilizzo delle risorse comunitarie sono migliori di quelle registrate ad esempio nel settore dei programmi per le imprese.
Non mancano, inoltre, veri primati italiani. È il caso del progetto Equal , il laboratorio comunitario di idee per l’elaborazione delle strategie in materia di occupazione e inclusione sociale. L’Italia è il Paese con il grado più alto di partecipazione al programma: 696 progetti, pari al 21% del totale (seguono Francia, Spagna e Germania). In particolare, i progetti italiani si concentrano nell’area adattabilità-formazione continua (204 progetti, pari al 29,3% del totale dei progetti italiani approvati) e nell’area occupabilità-inserimento nel mercato del lavoro (203, il 29,2% del totale). Quote inferiori, seppur significative, nelle aree: imprenditorialità-economia sociale, pari opportunità-riduzione della segregazione professionale di genere, occupabilità-prevenzione dei fenomeni di razzismo e richiedenti asilo. Centrali nei progetti Equal sono le partnership. Dall’analisi dei documenti di valutazione degli impatti del programma emergono due grandi tipologie di collaborazioni: quelle centrate sugli obiettivi progettuali e, quindi, meno interessate alle tecniche del lavoro in comune, e quelle più puntate sul valore della rete, ma forse meno efficaci nel rispondere a bisogni dei territori. «In generale», segnala il Censis, «l’Italia ha avuto partnership numerose con una certa difficoltà a muoversi, vista la farraginosità di raggruppamenti, molto spesso poco omogenei nelle modalità operative e nei linguaggi».
L’Italia si colloca invece al secondo posto per numero di progetti approvati di Argo , piano d’azione nei settori immigrazione e asilo. Tuttavia la quota media di finanziamento è di 350mila euro contro il milione di euro dei progetti francesi e tedeschi. Idem per Daphne , programma sulla tutela delle donne e dei bambini vittime di violenza: l’Italia, al primo posto col Belgio per progetti approvati, riceve in media 110mila euro contro i 150mila per danesi e tedeschi. Solo la metà dei 216 progetti del programma Agis (area giustizia e criminalità), infine, è stato cofinanziato (ricerche e conferenze soprattutto). I programmi dell’area cooperazione e aiuto allo sviluppo, come ricordato, si caratterizzano invece per la bassa percentuale di successo dei progetti. I dati (parziali) mettono in evidenza una difficoltà a far valere le proposte italiane.

Portafogli leggeri
Solo in rari casi, come il programma Ed sulla sensibilizzazione dell’opinione pubblica europea, otteniamo i maggiori portafogli. Nell’ambito dei programmi dedicati al cofinanziamento delle ong il rapporto fra candidature avanzate e progetti condotti al finanziamento è spesso piuttosto basso. Ad esempio, nel programma Pvd che finanzia azioni nei Paesi in via di sviluppo, l’Italia ha un rateo di successo dell’8,8%. «Questi dati», osservano gli autori della ricerca, «rivestono una valenza critica soprattutto se si osserva che spesso l’Italia è il Paese che candida il maggior numero di progetti».

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