Non profit
fondi pensione etici.chi non li ha sottoscrittisi mangia le mani
previdenza integrativa Un primo bilancio, con sorprese
di Redazione
L’etica non va in pensione. Sono ancora pochissimi gli italiani, circa 7mila su 745mila iscritti, che hanno scelto di affidare il proprio Tfr a un fondo previdenziale aperto socialmente responsabile. Il banco di prova non era tra i più semplici. Perché l’offerta del comparto, in piena rivoluzione per la riforma della previdenza complementare, è ancora ai blocchi di partenza: sono solo sei i prodotti disponibili non negoziali ma lanciati da società di gestione, assicurazioni e istituti di credito che adottano criteri di investimento etici. In più i fondi aperti, contrariamente a quelli contrattuali, appartenenti alle categorie di lavoratori e quindi veicolati da accordi sindacali, giocano a tutto campo sul mercato. L’etica è il valore aggiunto, che deve convincere, spostare i dipendenti dal comodo fondo chiuso a quello aperto. Un doppio passo ritenuto forse troppo impegnativo dagli italiani, già scombussolati dalle (continue) novità in tema di previdenza.
Nel 2007, stima Assogestioni, i fondi pensione hanno avuto un rendimento netto inferiore a quello del Tfr facendo registrare un 2,1% per i fondi negoziali e un -0,4% per quelli aperti, a fronte del 3,1% di rivalutazione del Tfr. Nessun fondo pensione aperto etico ha invece ottenuto un risultato negativo. Anzi. Il manipolo di coraggiosi che ha scelto l’investimento etico, escludendo titoli di aziende che operano nell’industria delle armi, della pornografia, dell’azzardo, puntando invece sulla sostenibilità e alti standard di Csr, ora si frega le mani. Perché c’è chi come Cattolica Assicurazioni ha battuto ampiamente il benchmark con +5,31% per la linea etica di Gestione & Previdenza, e +4,30% per quella di Risparmio & Previdenza. «I nostri prodotti sono appena partiti e il patrimonio gestito è risicato», dice Silvio Biasi di Cattolica Assicurazioni, «abbiamo quindi adottato una gestione molto prudente, in titoli di Stato. Pochi movimenti che però ci hanno assicurato buone performance in un momento davvero negativo per le Borse e per l’economia mondiale».
Non brindano a champagne quelli di Reale Mutua Assicurazioni, ma poco ci manca. Lo scorso anno la compagnia torinese, la più antica d’Italia a matrice mutua, ha sorpreso i mercati convertendo il fondo Teseo, nato nel 1998, alla finanza etica. Più di 6mila iscritti (5mila negli ultimi 12 mesi) e quattro linee di investimento (Garantita, Prudente, Bilanciata e Sviluppo) che hanno chiuso l’anno con un segno più. Si va dall’1,1% della Prudente per finire al 3,5% della Bilanciata. Chi ha messo in cassaforte i propri risparmi sotto il tetto di Teseo? Banche come Rothschild Italia, piccole imprese, alcune cooperative (come Robocoop), e le rappresentanze sindacali del mondo assicurativo. «La nostra proposta etica ha ottenuto buoni risultati», spiega Roberto Gallo, responsabile del fondo Teseo, «anche sotto il profilo delle performance. Ma il patrimonio gestito è ancora esiguo. Molti sono iscritti senza aver però ancora effettuato versamenti». Fabio Salviato, presidente di Banca Etica, è molto soddisfatto della partnership sulla previdenza nata con Itas assicurazioni: 520 lavoratori e 209 aziende iscritti per un totale di 1,5 milioni di euro gestiti. «Si tratta di un buon avvio rispetto alle nostre forze distributive e alla grande novità dell’etica per i lavoratori del settore privato. La riforma del Tfr porta l’investimento responsabile nelle case di tutti gli italiani. Starà a noi, e agli altri operatori, saperli convincere».
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.