Medio Oriente
Franco Arminio e la “restanza” della Chiesa a Gaza, con i corpi degli ultimi
La Chiesa resta nella Striscia e si oppone all'evacuazione di Gaza City: «Non abbandoneremo mai la popolazione». Una scelta su cui il poeta Franco Arminio ha un'idea precisa: «Bisogna stare dalla parte degli ultimi, la Chiesa così dimostra di farlo con tutto il suo corpo. Desidero un Papa che cammini tra le strade di Gaza»
di Anna Spena

“Quelle ombre in bilico
tra la polvere e il mare,
piccole esistenze in controluce,
e poi l’opaca trafila
delle ore, il dolore di chi ha il cancro
o solo la fitta di un buco nel dente,
la fitta di un rimorso, di un ammanco
nei conti che ogni giorno fa la mente.
Poco si sa, niente diciamo
di grilli e cicale
e gatti e rane.
Dal cuore di Gaza c’è qualcosa
che non arriva alle nostre città
senza cuore.
È ora di amarsi con più forza,
togliere forza
al disincanto,
salvare noi stessi e gli altri
e una spalla di luce
come se fosse ancora possibile
ricordare il futuro”.
Questo testo è del poeta Franco Arminio, l’ha scritto per quelle “ombre in bilico tra la polvere e il mare”. L’ha scritto pensando agli oltre due milioni di palestinesi che il governo israeliano uccide e affama. L’ha scritto per quella striscia di terra avvilita, dove stiamo lasciando che si consumi l’umanità. «Tutti», dice, «hanno diritto ad avere il loro luogo. Non posto qualsiasi, ma il nostro posto. Ma la coscienza dei luoghi si è molto attenuata negli esseri umani. Una volta eravamo molto più attenti. Anche a Gaza c’è un’ingegneria che vuole cancellare una storia intera, mentre si parla della costruzione di “riviere sul mare”. Dobbiamo rimettere al centro i corpi che abitano quei luoghi».
Tutti hanno diritto ad avere il loro luogo. A Gaza dobbiamo rimettere al centro i corpi che abitano quei luoghi
Franco Arminio
Arminio non ha dubbi sulla decisione condivisa dai Patriarchi latino e greco ortodosso di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa e Teofilo III, che hanno scelto di non abbandonare Gaza City, anche dopo gli ordini di evacuazione dell’esercito israeliano. «La chiesa», dice Arminio, «deve stare dalla parte degli ultimi, e ci sta con tutto il suo corpo».
La determinazione con cui hanno scelto di restare i due patriarchi l’hanno comunicata con una nota condivisa: «Dallo scoppio della guerra, il complesso greco-ortodosso di San Porfirio e quello latino della Sacra Famiglia sono stati un rifugio per centinaia di civili. Tra loro ci sono anziani, donne e bambini. Nel complesso latino ospitiamo da molti anni persone con disabilità, assistite dalle Suore Missionarie della Carità. Come gli altri abitanti della città di Gaza, anche i rifugiati che vivono nella struttura dovranno decidere secondo coscienza cosa fare. Tra coloro che hanno cercato riparo all’interno delle mura dei complessi, molti sono indeboliti e malnutriti a causa delle difficoltà degli ultimi mesi. Lasciare Gaza City e cercare di fuggire verso sud equivarrebbe a una condanna a morte. Per questo motivo, i sacerdoti e le suore hanno deciso di rimanere e continuare a prendersi cura di tutti coloro che si troveranno nei due complessi. Nonostante gli ordini di evacuazione dell’Idf di lasciare Gaza City, la posizione resta chiara: «Non sappiamo esattamente cosa accadrà sul posto, non solo per la nostra comunità, ma per l’intera popolazione. Possiamo solo ripetere ciò che abbiamo già detto: non può esserci futuro basato sulla prigionia, lo sfollamento dei palestinesi o la vendetta».
Arminio auspica un’azione ancora più forte: «Immagino il Papa che cammina tra le strade di Gaza. In fondo se parla in nomine Cristi è quasi tenuto a fare gesti che siano alla sua altezza».
E sui corpi degli altri: «Ci limitiamo a dare opinioni, un po’ ci indigniamo. Invece dovevamo fare uno sciopero generale a oltranza. Dovevamo bloccare tutto. Come europei, come occidentali, abbiamo fallito».
AP Photo/Mahmoud Illean/Associated Press/LaPresse
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