Inclusione
Frankenstein siamo noi. A Milano il teatro sociale porta in scena fragilità e talento
Debutto al Teatro Elfo Puccini il 12 e 13 giugno per il nuovo spettacolo di Minima Theatralia. Ottanta interpreti di diversa età, genere, abilità e provenienza con artisti professionisti portano sul palcoscenico “The Mary Shelley Picture Show”. La pièce è frutto dei laboratori espressivi di Niguarda e di altri quartieri. Le cerniere sono l’oggetto donato dai cittadini a simboleggiare le cicatrici che ricuciono storie e legami

Si può fare! È questo il grido iconico della parodia cinematografica “Frankenstein Junior”. Ma è anche il motto degli spettacoli firmati da Minima Theatralia e dal duo Duperdu che quest’anno, dopo aver portato in scena lo scorso anno “Epopea dell’irrealtà di Niguarda” il 12 e 13 giugno debutta con una nuova opera al Teatro Elfo Puccini.
Lo spettacolo
“The Mary Shelley Picture Show”, questo il titolo dello spettacolo che vedrà sul palco 80 interpreti: professionisti come Marta Marangoni (regista e attrice) e Fabio Wolf (autore delle musiche originali) del duo Duperdu e tanti cittadini di ogni età, provenienza, abilità e genere. Un vero esempio di teatro collettivo e inclusivo.
La pièce si è ispirata alla vita e all’opera di Mary Shelley, al suo capolavoro “Frankenstein o il moderno Prometeo”, a nutrire lo spettacolo anche i riferimenti cinematografici come il film cult del 1931, la parodia “Frankenstein Junior” e il musical “The Rocky Horror Picture Show”, in un linguaggio teatrale che mescola gotico e ironia, riflessione e visionarietà.

Il progetto teatrale che anche quest’anno viene portato in scena con la regia di Marta Marangoni è un esempio vivo di Social Community Theater: uno spazio artistico di inclusione e coesione sociale e che vede protagonisti anche bambini, adolescenti, anziani, persone con disabilità o in ricostruzione personale.
Il testo che gli spettatori potranno veder prendere vita a teatro e poi nei tanti luoghi della tournée nei quartieri di Milano è frutto di una drammaturgia partecipata, curata da Francesca Sangalli. Nei laboratori espressivi – che si sono svolti a partire dal novembre 2024 nei quartieri di di Niguarda, Bovisa, Gorla, Quarto Oggiaro, Comasina e Affori che sono alla base dello spettacolo – le biografie personali si intrecciano alle tematiche letterarie.
La capacità accogliente dell’arte
Marangoni sottolinea che «The Mary Shelley Picture Show è molto più di uno spettacolo: è un gesto politico, poetico e collettivo. È il nostro modo di dire che nessuna voce è di troppo, che ogni corpo – fragile, anziano, queer, bambino, disabile, professionista – ha diritto alla scena».
«Il mostro», continua «è la creatura imperfetta per eccellenza, e noi ci siamo riconosciuti in lui, e nella sua creatrice, Mary Shelley. Da qui siamo partiti per costruire una performance dove l’arte non seleziona, ma accoglie. Minima Theatralia nasce proprio per questo: mettere in dialogo le diversità, rifiutare i confini tra teatro e realtà, e provare a riscrivere insieme la narrazione dominante, con amore, ironia e coraggio».
«Frankenstein Junior e il Rocky Horror Picture show mi avevano sempre affascinato e poter recitare in questo spettacolo con il mio corpo e la mia voce mi affascina ancora di più», a dirlo è Cesare Snelli. Nello spettacolo interpreta Krempe, il professore di anatomia del dottor Frankenstein. Nella vita è un fotografo ed è stato un paziente psichiatrico per 25 anni «sono stato al Pini in una comunità, a Olinda. Lì ho conosciuto Lorenzo che era uno psichiatra tirocinante. Quest’anno è andato in pensione ed è venuto a fare teatro anche lui».
Il teatro è un rapporto
Cesare Snelli oggi vive in autonomia nelle case popolari di Quarto Oggiaro e insegna fotografia nei centri psicosociali per il programma Recovery. Da tre anni partecipa a Minima Theatralia che definisce un’esperienza «bellissima. Con tante altre persone si può partecipare alla creazione dello spettacolo essendo accolti per quello che si è o si è stati».
Fotografia e teatro sono due forme artistiche complementari. «La prima è il momento in cui scopri qualcosa che vedi: è un fermo immagine. Il teatro è dinamico, è più complesso ed è soprattutto un rapporto» osserva Snelli. E non è un caso il fatto che allo spettacolo partecipino oltre a Lorenzo anche Emanuela «la mia dottoressa che interpreta uno dei miei assistenti: in scena si ribaltano i ruoli».
Le cerniere per ricucire storie e e legami
Se l’anno scorso l’oggetto simbolo dello spettacolo erano i bottoni, raccolti porta a porta tra gli abitanti del quartiere di Niguarda, quest’anno la scelta è caduta sulle cerniere. Un oggetto di uso quotidiano che serve per costumi e scenografie e rappresenta in scena la comunità, il quartiere che attraverso di esso si può riconoscere. In questo caso le cerniere sono anche la metafora di una cicatrice in grado di “ricucire” simbolicamente storie e legami.

«La scollatura del mio abito di scena è piena di cerniere, rappresentano le ferite delle trasformazioni che si aprono e si chiudono», osserva Erminia Munari. Senza gambe dalla nascita a causa della talidomide si muove con una carrozzina «nel primo spettacolo in cui ho partecipato abbiamo deciso di non nascondere la carrozzina», dice ricordando che «sono altri i limiti che si possono vedere». Munari da due anni è in pensione, ma prima dirigeva una comunità per disabili psichici, il suo incontro con Marta Marangoni e Minima Theatralia nasce dal Teatro della Cooperativa di Niguarda diversi anni fa.
«Mi piace sperimentarmi in cose nuove» racconta, sottolineando come questo per lei sia terzo anno sul palco dell’Elfo Puccini. «Mi auguro che anche questa volta gli spettatori si divertano, ma che lo spettacolo favorisca anche una riflessione su quanto lo stereotipo delle diversità riguardi tutti: anziani, psichiatrici, disabili fisici… noi tutti possiamo sentire qualcosa, ognuno ha le sue difficoltà e non per questo c’è la preclusione a fare cose difficili o eroiche».
Una comunità in scena
Anche quest’anno dunque in scena andrà una comunità di attori professionisti e cittadini, ognuno con i suoi limiti e le sue difficoltà, le sue particolarità e le sue capacità.
«Per me non è necessario puntare sulla diversità. E vale anche per la comunità: non ho puntato a crearla, si crea intorno a me. È un’alchimia e il risultato è quello che ci prefiggiamo di far uscire e… funziona», conclude Munari ragionando sulla modalità di costruzione degli spettacoli e sulle relazioni che si intessono.

Tra gli interpreti si conta la partecipazione speciale di Rajae Bezzaz, ma anche di Cristina Crippa ed Elio De Capitani (in video) che interpretano i genitori di Mary Shelley, e un cameo con Loris Fabiani e Ginestra Paladino.
Tra i partner del progetto: Fondazione Sequeri Esagramma con la sua orchestra inclusiva; Collettivo Clown, promotore dell’arte nei luoghi riqualificati del Passante ferroviario; Coro Ipazia, da sempre attivo nella promozione sociale e culturale. La supervisione scientifica del progetto è di Giulia Innocenti Malini, docente di Teatro sociale all’Università di Pavia.
Dopo la prima lo spettacolo sarà in tournée nei quartieri popolari di Milano nei mesi di giugno, luglio, settembre e ottobre.
In apertura una foto di scena – tutte le immagini sono di Laila Pozzo, da ufficio stampa
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