Medio Oriente

Gaza, come Israele priva i palestinesi dell’accesso all’acqua

«Israele sta deliberatamente privando dell'acqua la popolazione di Gaza», spiega Medici Senza Frontiere. Da ottobre 2023 Israele ha ripetutamente danneggiato 2 delle 3 condutture idriche che riforniscono Gaza. Si stima che il 70% dell'acqua che passa attraverso queste condutture vada persa a causa delle perdite nella rete idrica più grande causate dai bombardamenti. E dei 196 impianti gestiti dal settore pubblico e dalle ong, oltre il 60% non è funzionante a causa dei danni subiti o della loro ubicazione

di Redazione

«Israele sta deliberatamente privando dell’acqua la popolazione di Gaza», afferma Medici Senza Frontiere. «Nell’ambito del genocidio in corso, Israele nega ai palestinesi beni di prima necessità, tra cui acqua, cibo e assistenza sanitaria. Dopo 22 mesi di distruzioni e restrizioni dell’accesso alle infrastrutture idriche essenziali da parte di Israele, la quantità di acqua disponibile a Gaza è del tutto insufficiente. Organizzazioni come Msf sarebbero in grado di aumentare la quantità di acqua potabile, ma Israele sta bloccando le importazioni di prodotti essenziali per il trattamento dell’acqua. Dal giugno 2024, ogni 10 richieste di importazione di prodotti per la desalinizzazione dell’acqua, Msf ne ha vista approvata soltanto una».

Israele deve iniziare a consentire l’importazione su larga scala di attrezzature essenziali per l’approvvigionamento e la distribuzione dell’acqua. L’esercito israeliano deve, inoltre, cessare la distruzione delle infrastrutture idriche e consentire l’immediata riparazione di quelle danneggiate per garantire alla popolazione l’accesso all’acqua, fondamentale per la sopravvivenza. L’acqua e altri beni di prima necessità non devono essere utilizzati come armi di guerra.

Non solo l’acqua disponibile è insufficiente per la popolazione di Gaza, ma la dipendenza dai camion cisterna non consente di avere modalità certe per ottenere quella disponibile. L’86% di Gaza è soggetto a un ordine di sfollamento forzato da parte dell’esercito israeliano, rendendo pericoloso per i camion cisterna tentare di raggiungere le persone in quelle zone. La mancanza di adeguati metodi di stoccaggio nelle abitazioni aggrava i problemi che la popolazione deve affrontare.

La riduzione dell’acqua potabile a Gaza ha provocato un aumento delle malattie: nell’ultimo mese, le équipe mediche di Msf hanno effettuato oltre mille visite per casi di diarrea acquosa acuta. Senza acqua sufficiente per l’igiene personale, la popolazione soffre di malattie della pelle, come la scabbia. L’acqua potabile è essenziale anche per gli ospedali, per ridurre la diffusione delle infezioni e mantenere i pazienti idratati affinché il loro corpo possa guarire dalle ferite e dalle malattie.

«C’è troppa poca acqua per troppe persone», afferma Mohammed Nsier, responsabile per l’acqua e i servizi igienico-sanitari di Msf a Gaza. «La quantità che possiamo fornire è molto ridotta rispetto al fabbisogno e le condizioni sono estremamente difficili».

Da sempre Israele controlla gran parte del flusso idrico verso Gaza, dove l’acqua è salata e contaminata da liquami e sostanze chimiche, rendendo così la popolazione dipendente dalle condutture provenienti da Israele e dagli impianti di desalinizzazione di Gaza. Queste infrastrutture sono state però oggetto di continui attacchi da parte di Israele.

Da ottobre 2023 Israele ha ripetutamente danneggiato 2 delle 3 condutture idriche che riforniscono Gaza. Si stima che il 70% dell’acqua che passa attraverso queste condutture vada persa a causa delle perdite nella rete idrica più grande causate dai bombardamenti. Di conseguenza, l’acqua deve essere distribuita con autocisterne provenienti da impianti di desalinizzazione. Dei 196 impianti gestiti dal settore pubblico e dalle ong, oltre il 60% non è funzionante a causa dei danni subiti o della loro ubicazione.

Le organizzazioni umanitarie sono disposte a riparare le condutture e gli impianti danneggiati, ma Israele ha ripetutamente ostacolato questi sforzi negando l’accesso a questi siti. Nei luoghi raggiungibili, i lavori di riparazione utilizzano tecniche “frankensteiniane”: si recuperano pezzi da siti danneggiati per ripararne altri o si tenta disperatamente di procurarsi i pezzi di ricambio a livello locale. Questo perché Israele impedisce l’ingresso a Gaza delle forniture necessarie per riparare queste infrastrutture. Quando i materiali arrivano, è comunque con mesi di ritardo a causa di blocchi deliberati.

Sette unità di trattamento dell’acqua di Msf producono acqua sufficiente per fornire 7,5 litri (7,5 litri è la quantità minima di acqua di cui una persona ha bisogno al giorno durante un’emergenza umanitaria, secondo l’Oms) al giorno a 65mila persone, pochissimo rispetto a quanto necessario. Da mesi Msf sta cercando di far entrare a Gaza 9 nuove unità di trattamento, ma questi sforzi sono rimasti vani poiché Israele autorizza il loro ingresso.

Anche quando i camion cisterna riescono a raggiungere gli impianti di desalinizzazione, la fase successiva della distribuzione porta con sé ulteriori ostacoli. Raggiungere le persone in sicurezza è quasi impossibile, poiché l’espansione delle attività militari e i bombardamenti nelle cosiddette zone sicure costringono a spostare continuamente i punti di distribuzione. Nel 2025 Msf ha dovuto interrompere la fornitura di acqua in almeno 137 punti di distribuzione. Per raggiungerli, le persone devono percorrere lunghe distanze trasportando pesanti taniche.

«Vedi come la gente sta lottando, tutti hanno un disperato bisogno di acqua»,  racconta una donna in attesa di una distribuzione di Msf nella città di Gaza. «Onestamente, è molto, molto difficile procurarsi l’acqua, anche solo camminare un po’ è molto difficile. Non so cosa dire, è una tortura».

La scarsità d’acqua crea anche tensioni durante le distribuzioni. Le persone hanno paura di andare nei punti di distribuzione e i team di Msf hanno visto bambini che si perdono perché il sito che non conoscevano è stato spostato a causa di ordini di sfollamento o attacchi aerei, rendendo irriconoscibile l’area circostante.

«Come per il cibo, le forniture e l’assistenza sanitaria, l’esercito israeliano sta limitando l’accesso all’acqua al minimo», afferma Ozan Agbas, responsabile delle emergenze di Msf. «Non interrompendo completamente la fornitura idrica, Israele cerca di dare l’impressione di non privare i palestinesi dell’acqua. Ma la realtà è un’altra: i palestinesi sono privati dei beni più basilari per vivere».

AP Photo/Jehad Alshrafi/LaPresse

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