Medio Oriente
Gaza: la strage dei giornalisti, l’arrivo degli influencer
Dal 7 ottobre 2023 la guerra a Gaza ha già provocato la morte di circa 270 giornalisti e operatori dei media: nessun altro campo di battaglia ha mai causato così tante vittime tra i reporter. Ma mentre i giornalisti palestinesi vengono uccisi e ai reporter stranieri viene vietato l'accesso alla Striscia, il ministero israeliano per gli affari della diaspora ha sponsorizzato un viaggio a Gaza per una decina di influencer americani e israeliani per fargli sostenere che nella Striscia non esiste nessuna carestia
di Anna Spena

Si chiamavano Mariam Abu Dagga, Hussam al-Masri, Mohammed Salama, Moaz Abu Taha e Ahmed Abu Azizn. Sono stati uccisi mentre documentavano un attacco israeliano all’ospedale Nasser di Khan Yunis, nel Sud della Striscia di Gaza. «A quasi due anni dall’inizio del conflitto», come ha sottolineato l’Ispi – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, «le organizzazioni che monitorano la libertà di stampa nel mondo concordano: nessun altro campo di battaglia ha mai causato così tante vittime tra i reporter. Secondo i dati raccolti dal progetto Costs of War della Watson School of International Public Affairs della Brown University, dal 7 ottobre 2023 la guerra a Gaza ha già provocato la morte di circa 270 giornalisti e operatori dei media: più che nella guerra civile americana, nelle due guerre mondiali, in Corea, in Vietnam, nei conflitti nell’ex Jugoslavia e in Afghanistan dopo l’11 settembre, messi insieme».
La quasi totalità delle vittime erano giornalisti palestinesi, costretti a documentare il conflitto dall’interno, mentre ai reporter stranieri è stato vietato l’accesso alla Striscia. Il Committee to Protect Journalists ha denunciato la creazione di un vero e proprio vuoto informativo, aggravato da uccisioni, arresti e restrizioni sugli accessi, che mettono in discussione gli impegni internazionali sulla protezione dei giornalisti.
«All’inizio di agosto», continua l’Ispi, «la missione palestinese all’Onu aveva già accusato Israele di “assassinio deliberato” di alcuni giornalisti di Al Jazeera, sostenendo che stavano documentando sistematicamente il genocidio e la carestia imposti a Gaza. Allora, il portavoce del segretario generale, Antonio Guterres, aveva chiesto un’indagine indipendente e ribadito che i giornalisti devono poter svolgere il proprio lavoro senza il timore di essere presi di mira».
Ma il governo israeliano non solo affama e uccide indiscriminatamente civili, bambini, operatori umanitari, medici e giornalisti, tenta anche – e in ogni modo -di silenziare le voci della Striscia e imporre la sua verità inventata. Non è un caso che, mentre continua a negare l’accesso nella Striscia ai giornalisti internazionali, il ministero israeliano per gli affari della diaspora abbia sponsorizzato un viaggio a Gaza per una decina di influencer americani e israeliani. Lo scopo dichiarato di questa operazione è stato quello di “smentire le bugie di Hamas” diffuse, secondo la loro visione, dai media stranieri, e di mostrare la situazione degli aiuti umanitari. Durante il loro tour, gli influencer hanno visitato i siti di distribuzione di cibo gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), un’organizzazione israelo-statunitense. I video e i contenuti che hanno pubblicato sui social media mostrano scene di cibo e acqua, sostenendo che la crisi nella Striscia non esiste. Alcuni hanno persino affermato che il cibo è abbondante e che la colpa della scarsa distribuzione è solo di Hamas o dell’Onu.
Ma di vero nella Striscia di Gaza c’è solo la carestia e il numero di vittime che continua ad aumentare giorno dopo giorno. I giornalisti non devono essere un bersaglio in un conflitto perché, come ha ricordato António Guterres «colpire i giornalisti significa colpire la verità».
Intanto oggi il comitato di selezione del Premio Václav Havel per i diritti umani, che riconosce l’eccezionale impegno della società civile nella difesa dei diritti umani in Europa e oltre, ha annunciato la rosa dei candidati per l’edizione 2025: tutte e tre le persone selezionate sono giornalisti.
Mzia Amaghlobeli è georgiana co-fondatrice delle testate giornalistiche indipendenti Batumelebi e Netgazeti. Nonostante l’incarcerazione e i maltrattamenti subiti per motivi politici dopo aver denunciato abusi durante le proteste, le sue azioni coraggiose hanno contribuito a richiamare l’attenzione sulla repressione dei media e sugli abusi politici, con l’obiettivo di garantire un futuro democratico per la Georgia. Il suo arresto e la successiva condanna nel 2015 l’hanno resa un simbolo della libertà di stampa e della resilienza di fronte alla repressione governativa, mettendo in evidenza il ruolo cruciale che i giornalisti svolgono nella difesa dei diritti umani.
Maksym Butkevych è un giornalista e difensore dei diritti umani ucraino, co-fondatore del Centro per i diritti umani Zmina e di Hromadske Radio. Nonostante il suo pacifismo di lunga data, si è arruolato volontario nelle Forze armate ucraine all’inizio dell’invasione russa del 2022 ed è diventato comandante di plotone. Catturato e condannato a 13 anni dalle forze russe, ha sopportato oltre due anni di dura prigionia prima di essere rilasciato in uno scambio di prigionieri nell’ottobre 2024.
E ancora Ulvi Hasanli, giornalista azerbaigiano e direttore della testata giornalistica indipendente Abzas Media dal 2016. Ha affrontato una persecuzione governativa incessante dal 2011, inclusi detenzione arbitraria, torture e accuse di natura politica. Nel giugno 2024, Hasanli è stato condannato a nove anni di carcere ed è attualmente detenuto in condizioni dure in una prigione remota, dove ha sopportato scioperi della fame e isolamento, continuando a incarnare la resilienza e l’impegno per la libertà di stampa.
Theodoros Rousopoulos, presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, ha reso omaggio a tutti i difensori dei diritti umani che, a volte a costo della vita, si battono per proteggere e promuovere le libertà fondamentali e i diritti umani. «Oggi, più che mai, è di fondamentale importanza celebrare le donne e gli uomini che, con il loro coraggio, la loro determinazione e la loro forza, ci mostrano la via verso la libertà. I giornalisti, in particolare, attraverso il loro coraggio, la loro determinazione e il loro incrollabile impegno per la verità, illuminano il cammino verso la libertà e la giustizia. Gli ultimi anni sono stati davvero i peggiori per i giornalisti, segnando il periodo più devastante che si ricordi, con numeri record di morti, feriti e detenuti a livello globale. In un mondo in cui l’informazione è vitale e spesso contestata, il loro instancabile lavoro nel difendere i diritti fondamentali e nel denunciare la verità a rischio personale, denunciando gli abusi e chiedendo conto al potere, è un potente esempio per tutti noi. Václav Havel credeva profondamente nel potere delle parole e nell’importanza del giornalismo, affermando che le parole possono cambiare la storia e che un’espressione veritiera può smantellare i regimi oppressivi».
AP Photo/Abdel Kareem Hana/LaPresse
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