Medio Oriente
Gaza, missione italiana al valico di Rafah per chiedere la fine dell’assedio
A un anno dalla precedente missione, una delegazione italiana composta dalle ong della Rete Aoi, Arci, Assopace Palestina, insieme a parlamentari e giornalisti, si appresta a raggiungere il valico di Rafah per denunciare il drammatico peggioramento della situazione a Gaza
di Redazione

Si è tenuta oggi a Roma la conferenza stampa di presentazione della missione che, dal 16 al 19 maggio, vedrà una delegazione composta da rappresentanti della rete di ong Aoi, Arci, Assopace Palestina, 14 parlamentari dell’Intergruppo per la pace tra Israele e Palestina, 3 eurodeputati, 13 giornaliste e giornalisti, accademici ed esperte di diritto internazionale, raggiungere Rafah e entrare nella Striscia di Gaza.
A un anno dalla Carovana Solidale “Gaza oltre il confine” — la delegazione italiana più numerosa mai giunta a Rafah — le organizzazioni promotrici tornano al confine per testimoniare, ancora una volta, la drammatica situazione in cui versa la popolazione palestinese. Un’iniziativa di straordinario valore, unica nel suo genere, che riunisce quell’Italia che dice no allo sterminio del popolo palestinese.
«Già un anno fa il quadro che ci venne restituito era apocalittico. Oggi, le previsioni più catastrofiche si sono tragicamente avverate», ha dichiarato Alfio Nicotra di Aoi. «Dal 2 marzo la Striscia è completamente sigillata: non entra nemmeno uno spillo. Le vittime per fame, sete e malattie aumentano ogni giorno in modo esponenziale. Voltarsi dall’altra parte, fingere di non vedere il genocidio in atto, è una forma di disumanità, una resa morale inaccettabile».
La tregua annunciata il 19 gennaio 2025 non ha prodotto alcun passo avanti concreto: né verso un cessate il fuoco permanente, né per garantire la protezione della popolazione civile. Al contrario, dal 18 marzo la ripresa dei bombardamenti e la nuova offensiva di terra da parte dell’esercito israeliano hanno aggravato ulteriormente la crisi, segnando una pericolosa deriva verso un progetto di pulizia etnica apertamente sostenuto da esponenti dell’amministrazione Trump e da una larga parte della coalizione di governo di Netanyahu.
«Torniamo a Rafah perchè dal marzo scorso nulla è cambiato, tutto è drammaticamente peggiorato e non possiamo stare solo a guardare. Torniamo al confine per far sentire la nostra voce per chi non ha più voce e speranza di futuro. Chiediamo ancora una volta la fine dell’assedio, un cessate il fuoco immediato e l’apertura di tutti i valichi per l’ingresso degli aiuti umanitari. Vogliamo continuare a tenere acceso un faro su una apocalisse che sta distruggendo un popolo, una cultura e tutta l’umanità che ci condannerà indistintamente nella storia», ha aggiunto Walter Massa, presidente di Arci.

Le organizzazioni denunciano come Israele continui deliberatamente a colpire la popolazione civile, utilizzando la fame, la sete, il blocco degli aiuti e l’assenza di carburante e cure mediche come armi di guerra.
«Netanyahu sta attuando un terrorismo di Stato, con disprezzo assoluto per la vita umana e per il diritto internazionale. Il genocidio è sotto gli occhi di tutti, ma il mondo ha scelto di voltarsi dall’altra parte. Insieme alle oltre 52mila vittime palestinesi, a Gaza è morta anche la moralità dell’Occidente», ha denunciato Stefania Ascari, deputata M5S e coordinatrice dell’Intergruppo parlamentare.
Sulla stessa linea le parole di Laura Boldrini, deputata PD: «Vogliamo entrare a Gaza. Abbiamo chiesto alle ambasciatore italiano in Israele di farsi carico di questa richiesta presso le autorità israeliane, ma a oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Ma non ci arrenderemo. Vogliamo entrare perché come se non bastassero i bombardamenti indiscriminati e la Striscia rasa al suolo, a Gaza si muore di fame, di sete e di malattie per un piano preciso e dichiarato del governo Netanyahu. Un piano criminale che prevede anche l’invasione totale della Striscia e la deportazione dei palestinesi. Nel silenzio complice della comunità internazionale, è necessario tenere alta l’attenzione sullo sterminio in corso, vedere con i propri occhi, raccontare e denunciare i crimini che Netanyahu e il suo governo stanno compiendo».
Durante la missione, la delegazione incontrerà attivisti palestinesi, operatori umanitari, agenzie internazionali e delle Nazioni Unite, per raccogliere testimonianze dirette dai sopravvissuti e da chi da oltre 18 mesi lavora al fianco della popolazione civile, tanto a Gaza quanto in Cisgiordania.
«Sono appena rientrato dalla missione Occhi in Palestina in Cisgiordania, dove l’occupazione si è fatta ancora più violenta dopo il 7 ottobre”, ha dichiarato Marco Grimaldi, deputato di AVS. «Ora ripartiamo verso quei valichi che rappresentano oltre 580 giorni di crimini contro l’umanità. Vogliamo entrare a Gaza e non ci fermeranno. Il disegno di annessione e pulizia etnica è ormai evidente, anche attraverso gli sfollamenti forzati. Speriamo che quei varchi si aprano prima del nostro arrivo e che venga interrotto l’uso dell’ignobile arma letale del blocco degli aiuti».
Nette le parole di Luisa Morgantini, presidente di Assopace Palestina, che ha lanciato un appello alle istituzioni italiane ed europee: «Basta complicità: si agisca ora per fermare il genocidio e la pulizia etnica e ristabilire il rispetto del diritto internazionale. Non è più il tempo delle dichiarazioni di principio né delle condanne generiche: servono atti concreti. L’Italia e l’Unione Europea devono sospendere immediatamente ogni fornitura militare a Israele e adottare sanzioni economiche e diplomatiche efficaci, come previsto dal diritto internazionale nei confronti di chi si rende responsabile di crimini di guerra e contro l’umanità».
A concludere la conferenza, è intervenuta l’europarlamentare Cecilia Strada, rilanciando l’allarme sull’inerzia dell’Europa di fronte alla catastrofe umanitaria: «Sotto le macerie di Gaza sta morendo anche l’Europa. I governi e le istituzioni europee che non fanno nulla per fermare Netanyahu rivelano tutta la loro ipocrisia. Così facendo, ci stanno consegnando ai libri di storia come complici di un genocidio».
AP Photo/Amr Nabil/LaPresse