Partecipazione giovanile
Giovane a chi? Numeri e voci di un nuovo attivismo
La Fondazione Crc conferma l’attenzione alle nuove generazioni. Dall’attività di ascolto di 800 ragazzi e oltre cento associazioni, è nata una ricerca sulla propensione degli under35 all’impegno civico in provincia di Cuneo. Il 53,4% degli intervistati attribuisce grande importanza al voto rispetto alla media europea del 38%

I giovani come interlocutori privilegiati. Un atto di indirizzo che era emerso a fine gennaio, in un palazzetto dello sport gremito di studenti e autorità, in occasione della presentazione del piano pluriennale 2025-2028 della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo. «Nei confronti dei giovani, ci poniamo in una posizione che non è soltanto di dialogo ma di coinvolgimento. È nelle nostre priorità costituire un advisory board per responsabilizzarli e metterli nella condizione di decidere», aveva detto il presidente Mauro Gola, con un invito rivolto direttamente ai ragazzi in sala: «Raccontateci i vostri sogni».
A distanza di quasi sei mesi, si è appena chiusa la call per candidarsi a quell’advisory board La generazione delle idee, ma soprattutto c’è un punto fermo da cui partire. Una fotografia dell’attivismo giovanile nell’area di intervento della Fondazione, la provincia di Cuneo, nata da un’attività di ascolto che si è svolta nell’ultimo anno e a cui hanno preso parte 800 giovani under35 e oltre cento associazioni. La ricerca è contenuta nel Quaderno 48 della Fondazione Crc, si chiama Giovane a chi? ed è stata coordinata dall’ufficio studi e ricerche dello stesso ente e realizzata insieme a Italia Non Profit ed Eclectica+, con la collaborazione del Centro servizio per il volontariato di Cuneo.

L’attività ha previsto una fase di ascolto, con la tecnica del focus group, per comprendere le dinamiche della partecipazione giovanile sul territorio, seguita da una fase di indagine in profondità con un sondaggio rivolto a un pubblico compreso tra i 16 e i 35 anni e infine una fase di workshop territoriale per far emergere alcune evidenze specifiche e raccogliere suggerimenti anche da chi lavora e interagisce ogni giorno con gruppi giovanili.
Under35 in numeri
Su una popolazione regionale di 4,3 milioni di persone (581mila in provincia di Cuneo), la fascia under35 rappresenta il 21% del totale (22% in provincia di Cuneo) e quella under25 il 10% (11%), quindi una minoranza rispetto alle altre fasce di popolazione. Da un punto vista demografico, le tendenze future guardano a un progressivo invecchiamento e a una contrazione della popolazione, con la provincia di Cuneo che si distingue per un inverno demografico che procede a ritmo più lento rispetto al Piemonte e alla media nazionale, nonostante una previsione al 2040 di quasi tre over65 per ogni under15.
Stando ai dati riportati dal Sistema degli indicatori regionali e provinciali del Piemonte, nel 2023 il 35,9% di giovani dai 25 ai 34 anni vive ancora con almeno un genitore, un dato che di per sé riflette le difficoltà di autonomia abitativa dalla famiglia nucleare, ma che registra un livello più basso rispetto alla media nazionale (45,2%) e alle altre regioni italiane. Sulla base del quadro demografico e occupazionale ricostruito, gli under35 rappresentano una fascia minoritaria, con risvolti diretti sull’agibilità politica e sociale nella comunità di riferimento, ma possono contare su un sistema economico in grado di offrire maggiori opportunità lavorative rispetto al resto del Paese.
Le risposte che non ti aspetti
Il 53,4% dei giovani cuneesi che hanno risposto al questionario attribuiscono grande importanza al voto, rispetto alla media europea del 38%. Non solo: il 78% ha dichiarato di aver votato alle ultime elezioni, contro un’affluenza media del 60% registrata in provincia. Le risposte dei giovani intercettati dalla ricerca di Fondazione Crc sorprendono e tracciano un quadro che spesso è distante dai luoghi comuni associati a questa fascia d’età.

La propensione all’impegno civico vede al primo posto i temi della parità di diritti, dell’ambiente e della salute e, tra le motivazioni che fanno attivare i giovani, nove su dieci indicano la causa valoriale e l’identità del tema dell’associazione o del movimento. I giovani della provincia di Cuneo che hanno partecipato all’indagine affermano di essere pronti a mettersi in gioco per cause che ritengono giuste: il 94,7% individua come fattore di attivazione il riconoscersi nei valori e negli obiettivi della causa e la prima motivazione per chi fa volontariato e per chi ha intenzione di iniziare a farlo è «contribuire a una causa che mi sta a cuore».
Un giovane su cinque sottolinea «la volontà di svolgere cittadinanza attiva in modo indipendente e fuori dai contenitori tradizionali», ma anche la necessità di «recuperare un carattere collettivo di azione». Un tema ricorrente è la difficoltà delle associazioni tradizionali nell’intercettare i giovani. Molti hanno evidenziato come il modello di volontariato strutturato e gerarchico risulti poco adatto ai giovani, che invece cercano contesti più orizzontali e flessibili. «Troppo spesso le organizzazioni dicono “ci vogliono i giovani”, ma poi li trattano come esecutori, senza lasciar loro reale autonomia. Questo è il modo più veloce per perderli», ha dichiarato uno dei partecipanti al focus group.
Il conflitto generazionale riguarda più gli adulti
La famiglia rappresenta la risorsa chiave per introdurre i giovani alla partecipazione attiva, anche alla luce del fatto che non sempre si trovano spazi e strutture adeguate per dare seguito al proprio impulso partecipativo. «I giovani che provengono da contesti familiari impegnati tendono a essere più attivi e a partecipare con maggiore frequenza a iniziative locali o di volontariato», si legge nel Quaderno. «Il conflitto generazionale, spesso additato come il principale ostacolo al dialogo e alla collaborazione tra giovani e adulti, si rivela essere più un problema per le generazioni adulte che per quelle nuove, che invece si mostrano aperte, pronte a collaborare, desiderose di imparare da chi ha più esperienza, ma anche di trasmettere le proprie idee e innovazioni. Quello che chiedono non è il rifiuto delle tradizioni, ma l’opportunità di essere ascoltati, di ricevere fiducia e di poter agire con maggiore autonomia».

C’è poi un tema degli spazi dell’esistenza giovanile: «La scelta di luoghi informali e accessibili sembra faciliti la partecipazione, mentre le sedi istituzionali possono risultare meno attrattive. Per intercettare i gruppi giovanili, oggi è diventato necessario muoversi. Per esempio, alcune realtà hanno iniziato a sperimentare modelli di avvicinamento attivo, spostandosi nei luoghi già frequentati dai ragazzi e dalle ragazze».
Quattro profili tra partecipazione e volontariato
Il campione cuneese mostra una partecipazione più elevata nei gruppi giovanili, circoli ricreativi e organizzazioni per giovani, con il 40,7% rispetto al 18% della media europea e al 14% di quella nazionale. Anche le associazioni culturali registrano una partecipazione più alta nella provincia di Cuneo (27,4%) rispetto al dato europeo (15%) e a quello italiano (16%). È interessante notare come l’ambito di attivazione si differenzi in negativo rispetto alla media europea quando si tratta di organizzazioni con obiettivi a scala più ampia, dal sovralocale al globale. L’8,9% delle persone giovani cuneesi ha partecipato ad attività di organizzazioni per i diritti umani, un valore inferiore al 10% europeo, e il 5,7% si è attivato presso una ong contro l’8% europeo. D’altro canto, però, risulta leggermente maggiore l’attivismo con enti impegnati nel contrasto al cambiamento climatico (10,7%, contro il 10% europeo) e nell’attività politica (7,6%, contro il dato europeo del 7%).

Tra i giovani che hanno risposto alla survey, il 45,3% dichiara di essere attualmente impegnato in attività di volontariato. Al contrario, una quota significativa (32,2%) afferma di non aver mai partecipato a iniziative di questo tipo, mentre il 22,6% riporta di aver svolto volontariato in passato, interrompendo l’attività. Tra coloro che hanno svolto volontariato in passato ma non lo praticano più (167 rispondenti), la mancanza di tempo emerge come il principale ostacolo, citato dal 59,9%. Non manca, tuttavia, una percentuale significativa di giovani che si dedicano al volontariato in eventi o festival (23,5%) o in consulte giovanili e comunali (18,7%), così come la scelta di percorsi meno istituzionalizzati e forme di volontariato più flessibili e spontanee, attraverso gruppi informali (10,2%) o, ancora, agendo in maniera indipendente (11%).

L’analisi individua quattro profili: gli attivi (40,8%) non solo prendono parte agli eventi e alle attività, ma si impegnano attivamente nella loro organizzazione e in più affermano di fare volontariato; i partecipanti (37,4%) partecipano ad attività ed eventi, ma il loro impegno nel volontariato è meno strutturato e più episodico; i non coinvolti (16,1%) non partecipano né collaborano ad alcuna attività o evento, né fanno volontariato; i collaboratori “dietro le quinte” (5,7%) offrono supporto nell’organizzazione e nella gestione di attività/eventi oppure svolgono una qualche forma di volontariato (probabilmente occasionale), ma preferiscono un ruolo meno visibile.
Una fotografia inedita dei giovani
Il senso di appartenenza alla comunità locale, un certo interesse per le tradizioni e un basso livello di conflittualità intergenerazionale sono i tratti distintivi di un’area in cui la maggior parte dei giovani vive in comuni di piccole dimensioni. Un contesto vissuto non come limite, ma come incentivo alla partecipazione attiva.

«I dati emersi», commenta Gola, «ci restituiscono una fotografia inedita dei giovani tra i 16 e i 35 anni, per molti versi sorprendente e diversa dalla percezione che normalmente si ha di loro. Mettiamo a disposizione di tutta la comunità queste riflessioni, come patrimonio di conoscenza su cui la Fondazione intende proseguire il cammino intrapreso».

Il Quaderno è scaricabile qui. È possibile riceverne copia cartacea scrivendo a studi@fondazionecrc.it.
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Le immagini sono di Fondazione Crc
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