Welfare

Giovani palestinesi di tutto il mondo, mettiamoci in rete

di Redazione

Il Palestinian Youth Network raccoglie ragazzi
tra i 18 e i 35 anni. L’obiettivo: creare cultura
e consapevolezza. Per una good global governance…di Susanna Tamimi
Così il celebre poeta palestinese Mahmoud Darwish descrisse la terra nella quale venne alla luce: una terra che, ancora oggi, rimane fatta di concordati disattesi, guerre e sconcertanti silenzi. Sessantuno anni ci dividono dalla nascita dello Stato d’Israele. Milioni i dispersi intorno al mondo.
Milioni i palestinesi nati nella terra dell’esilio, a nord, a sud, a est e ad ovest. Sono loro il futuro di una terra che non c’è. Sono loro i giovani palestinesi.
Ma come possono queste seconde o terze generazioni trovare un’alternativa ai confini nazionali e mantenere viva una propria identità palestinese? Come è possibile costruire un Paese che non c’è?
La risposta giunge veloce da un gruppo di palestinesi di seconda generazione: bisogna creare un network, una rete capace di espandersi e unire tante voci. Un gioco di passaparola, ricerche online e tanta buona volontà.
Con questi ingredienti nasce nel 2004 il Palestinian Youth Network (PYN), un network di palestinesi tra i 18 e i 35 anni residenti in diverse aree del mondo. Comincia con pochi membri che si adoperano per realizzare nel 2006 il primo incontro del PYN a Barcellona. In 30 si recano a quest’appuntamento per porre i primi tasselli di un puzzle mondiale. Provengono da otto Paesi: Italia, Francia, Svezia, Siria, Libano, Palestina, Spagna e Stati Uniti. Alcuni parlano arabo, altri no. Alcuni si sentono musulmani, altri respingono il pensiero di un’identità religiosa. Non tutti sanno cosa accadde esattamente prima e dopo il 1948, ma tutti hanno ascoltato nonni e genitori raccontare ed è la forza di questi racconti a mantenere vivi i legami con un luogo in molti casi mai visto. È il potere di questi racconti a riportare questi giovani nel 2007 a Parigi. Con loro, altri 90 coetanei. Cinque continenti raggiungono Parigi sventolando la bandiera della Palestina e lì vi trascorrono una settimana all’insegna di corsi di Storia del Medio Oriente, dibatti politici e discorsi sull’identità. Chi è palestinese? Che lingua parla il vero palestinese e a chi rivolge le proprie preghiere? Tanti i dubbi e molteplici le divergenze, ma l’incontro del PYN si conclude con uno statuto, un comitato organizzativo e dei progetti per il futuro. Nascono in quell’occasione il PYN Media Committee, con il compito di tradurre documenti e divulgarli in ognuno dei Paesi membri, e il progetto «Speaking tour» ovvero la raccolta e la pubblicazione delle testimonianze di palestinesi in diaspora. La prossima estate avrà luogo un nuovo incontro nel quale si aprirà la «Scuola per young palestinian leaders» (corsi di politica, storia, dialettica e media), tenuta e gestita da brillanti accademici palestinesi di Oxford, Cambridge e le migliori università del mondo.
Molti rimangono gli ostacoli linguistici, culturali e politici da superare, ma tutti i membri concordano sulla necessità di rimanere uniti indipendentemente da lingua, cultura, religione e residenza, per mantenere viva una nazione che non c’è.
Incombe il muro in Terra Santa e soffoca tutti coloro che lo circondano. Si spezza il dialogo e muore la speranza? la strada del PYN è solo all’inizio. Se sarà un esempio di good global governance o se rimarrà sepolto da tante parole, questo sarà solo il tempo a dircelo. Per ora, ciò che possiamo apprendere da questa esperienza è l’importanza di non sentirci burattini senza possibilità di agire. È necessario che noi, giovani di seconde generazioni e non, scendiamo in campo e lottiamo per creare un sistema alternativo a quello di barriere e confini.
Cominciamo a sentirci noi stessi membri di un popolo senza terra per una terra fatta di tanti popoli. E, a quel punto, e solo a quel punto, saremo capaci di volare insieme sopra ogni confine.
www.pal-youth.org