Famiglia

Gli immigrati Usa si preparano allo sciopero generale

Un'iniziativa che, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrebbe paralizzare ristoranti, alberghi, alcune industrie e diverse imprese edili

di Redazione

Le numerose associazioni di immigrati statunitensi, che nei giorni scorsi hanno organizzato cortei e manifestazioni in tutto il Paese, si starebbero muovendo per raggiungere un obiettivo ambizioso: indire “La giornata senza immigrati”, in cui tutti gli stranieri saranno chiamati a boicottare il lavoro e l’economia. Ancora in dubbio la data – alcuni propongono il primo maggio – di un’iniziativa che, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrebbe paralizzare ristoranti, alberghi, alcune industrie e diverse imprese edili, vale a dire tutte quelle realta’ lavorative dove l’impiego di stranieri e’ assai diffuso. Nonostante l’entusiasmo per una manifestazione, che attirerebbe sicuramente l’attenzione di tutti i mass media, alcune associazioni hanno sollevato alcuni dubbi: da un lato c’e’ la possibilita’ che i clandestini possano perdere il posto, per via delle ritorsioni dei datori di lavoro; dall’altro c’e’ il rischio che le organizzazioni pacifiste si uniscano alla protesta, “mescolando” la causa degli immigrati a quella degli oppositori alla guerra in Iraq. E mentre il Congresso americano e’ fermo per via delle vacanze pasquali, a dire la sua in materia di riforma dell’immigrazione e’ oggi l’opinionista del Washington Post Eugene Robinson. Dopo aver ricordato e confermato i suoi precedenti interventi, in cui affermava che “la societa’ americana dovrebbe accogliere a braccia aperte gli immigrati”, Robinson propone la sua soluzione, suggerendo di “dare uno status ufficiale ai migranti, in modo da permettere loro di partecipare all’economia ed impedire a datori di lavoro senza scrupoli di sfruttarli”. Ma oltre alle questioni di tipo tecnico legali, l’opinionista sottolinea anche un altro aspetto della questione, di tipo piu’ prettamente culturale e sociale: “Non dobbiamo – scrive Robinson in chiusura del suo intervento, riferendosi agli stranieri presenti negli Stati Uniti – definirli, con un termine orwelliano, “lavoratori ospiti”: meglio chiamarli per quello che davvero sono”.

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