Non profit
Gli spin doctor della Csr che hanno cambiato volto a Luxottica: «Con noi le aziende guadagnano in produttività»
Welfare in fabbrica
di Redazione

Latte, pasta, caffè, persino la Nutella, fino a riempire un carrello della spesa per 110 euro. E non solo. Luxottica fornisce gratis ai figli dei suoi impiegati ed operai anche i libri di scuola. E poi borse di studio, asili nido, corsi di lingue e servizi di medicina specialistica. Si può andare dal dentista, dal ginecologo e dal pediatra con un voucher dell’azienda.
È questo il frutto di uno dei progetti di welfare aziendale più all’avanguardia in Italia. Il piano della società veneta (ribattezzato “Progetto Welfare”) è però nato tra le stanze della sede della srl milanese De Filippo & Associati. «Per policy non parliamo mai dei nostri clienti», precisa subito Antonio Manzoni, socio dell’azienda, «il modello di welfare aziendale che proponiamo si basa su un cardine molto banale: attenzione ai bisogni dei cittadini. Non va mai dimenticato che un’azienda, all’interno della società, può e deve avere un ruolo decisivo nella soddisfazione dei bisogni». La questione è però come aiutare l’imprenditore ad avere successo: perché puntare su un welfare strategico e non su una remunerazione monetaria? «L’accredito di denaro extra ha un cuneo fiscale e contributivo pesante», sottolinea Angelo De Filippo, fondatore della società, «se infatti l’azienda riconosce 100 euro di benefit, ne deve pagare 140. Se invece quei 100 euro sono dati come disponibilità economica per la soddisfazione dei bisogni, il costo aziendale si riduce a 70 euro. Questo perché tramite dispositivi e delle iniziative di welfare l’azienda beneficia di agevolazioni fiscali per cui certi beni, servizi e, in alcuni casi, i contributi monetari non costituiscono reddito per il dipendente e quindi non sono soggetti né a tassazione né a contribuzione». «Sia chiaro», aggiunge De Filippo, «non si tratta di elusione, ma di un’opportunità data oggi dalle norme italiane».
Il processo di lavoro di De Filippo & Associati parte dall’incontro con l’azienda. «Prima di tutto valutiamo se esistono già delle prassi di welfare. In genere sono la stratificazione di usanze di cui non si conoscono né il ritorno in termini di soddisfazione né i costi», sottolinea De Filippo. «Una volta misurato il polso della situazione, abbiamo due possibilità: o aiutiamo l’azienda a riqualificare la struttura esistente rendendola più vicina ai bisogni reali degli impiegati, oppure cominciamo a progettare delle politiche nuove».
I servizi che incontrano più spesso il favore dei dipendenti sono quelli relativi alla famiglia (iniziative mirate per bambini o anziani) e all’istruzione. Ma una volta costruito tutto questo sistema c’è un ritorno tangibile? Per Manzoni «è proprio qui il punto. Se prima il valore sociale di certe azioni si riteneva fosse solo “morale” e assolutamente non concreto, oggi invece abbiamo dimostrato che non solo ha un’incidenza ma è misurabile e importante. È un’operazione molto banale: si misura il livello del “clima aziendale”. Si pensi alla produttività, all’assenteismo, alla collaborazione o conflittualità tra dipendenti».
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