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Herta Müller, la dittatura sulla pelle

di Redazione

Giovedì 10 Herta Müller ha ritirato a Stoccolma il Nobel della Letteratura. In Italia è appena uscito un libro autobiografico che è un’impressionante documentazione della sua vita sotto il regime di Ceausescu (Lo sguardo estraneo, Sellerio, 9 euro)

La persecuzione non si verifica soltanto quando si è chiamati a rendere conto durante un interrogatorio. Essa si insinua furtivamente in certe cose e in certe giornate, che all’apparenza non hanno nulla di rilevante. È per questo che uno perde l’abitudine a quei pezzi di quotidianità che si vivono distrattamente, approssimativamente, che ci si porta in giro senza pensarci su e senza uno scopo preciso. La necessità di una continua circospezione dispone la giornata su una sorta di carta millimetrata. Che qualcosa ci passi davanti senza lasciar traccia, che lo si scorga distrattamente diventa impossibile. L’espressione “dare un’occhiata”, e il modo in cui la si usa qui da noi per ogni tipo di percezione visiva, per me corrisponde proprio a quello scorgere distrattamente che non potevo permettermi. Dovevo guardare con attenzione, il che non significa necessariamente vedere. Vedere infatti significa dare contemporaneamente un senso a ciò che si è guardato. Nello Stato in cui vige un controllo dall’alto chi è perseguitato non può esimersi dal registrare ogni situazione in cui si viene a trovare. E tale registrazione deve esere altrettanto precisa quanto quella che va effettuando lo Stato che lo tiene sotto osservazione. Ogni millimetro del proprio vissuto deve porsi a confronto con il millimetro estraneo registrato dall’osservatore.

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