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Ho filmato l’emarginazione e ho trovato la speranza

Claudia Cipriani

di Redazione

Con il film Lasciando la Baia del Re” ha vinto il premio assegnato da Vita all’ultimo Filmaker, il festival internazionale di cinema indipendente di Milano. Un lavoro che la registra Claudia Cipriani, definisce «un work in progress, un po’ diario, un po’ documentario, con vari livelli di narrazione che si intrecciano».
Baia del Re è il vecchio nome del quartiere Stadera, alla periferia sud di Milano. Negli anni 30 gli abitanti lo scelsero ispirandosi alla spedizione di Umberto Nobile che tentò di sorvolare il Polo Nord in dirigibile partendo proprio da questa baia nell’Artico. Il quartiere allora era situato all’estrema periferia: un luogo desolato, nebbioso e freddo proprio come una landa polare. Da immagini d’epoca della spedizione di Nobile comincia anche la Cipriani, che sceglie di finire il suo lungometraggio con le scene di un viaggio-pellegrinaggio in Norvegia sulle orme dell’esploratore. Nel mezzo, una narrazione commovente che racconta la sua esperienza di insegnante al doposcuola per adolescenti a rischio devianza dell’Associazione Baia del Re, nata alcuni anni fa nell’ambiente popolare del quartiere che ancora oggi rimane sul confine tra emarginazione e integrazione, tra degrado e riscatto.
«Un luogo di intenzioni fallite», dice la regista che racconta: «Quando ho conosciuto i ragazzini all’associazione ho deciso di filmarli senza sapere esattamente cosa avrei fatto delle riprese, ma percepivo che in quel momento, con loro, la “Baia” diventava un luogo speciale e volevo catturare quell’energia», spiega. L’incontro con Valentina sarà quello più ricco di conseguenze, tanto che alla fine faranno un viaggio insieme verso le più lontane periferie, geografiche e dell’anima. «Il significato del titolo sta proprio in questo», spiega Claudia Cipriani. «Significa che io e Valentina siamo cresciute. In fin dei conti, abbandoniamo la Baia del Re per trovarne un’altra. Ho voluto costruire un racconto senza tempo, metaforico, lasciato un po’ in sospeso. Perché completare un film è come fare un viaggio. Si comincia pianificando un percorso definito, si cerca chiarezza e verità e ci si mette in cammino. Come avviene nella vita, anche questo viaggio è fonte di sorprese inattese. Certe volte sono belle sorprese, altre volte vere sfide». [M.M.]

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