Welfare

Ho scelto 10 donne per raccontare quello che sta dietro la notizia

on the road

di Redazione

Far west, kasbah, bronx. Gli epiteti su via Padova, soprattutto dopo gli scontri del febbraio 2010, si sprecano. «A un certo punto mi sono chiesta: ma perché nessuno racconta come vivono davvero gli abitanti stranieri della via più conflittuale di Milano? Ho preso la cinepresa, e l’ho fatto io». La cineasta Anna Bernasconi, 27 anni, era incinta all’ottavo mese di Nur, quando ha passato un mese intero tra la gente della via, bussando a negozi, case, ristoranti, luoghi di culto. Il risultato è il documentario Via Padova: istruzioni per l’uso, uno sguardo inedito e intimo sulla quotidianità delle famiglie dei nuovi italiani, attraverso l’occhio delle dieci donne protagoniste.
Qual è il messaggio del film?
Offrire un altro punto di vista di via Padova, superando la mera immagine mediatica, piena di superficialità. C’è vita vera lungo la strada e dentro ogni stanza: l’ho raccontata senza troppe parole, piuttosto attraverso le azioni di tutti i giorni, come il modo di vestirsi, di cucinare, i dubbi e i problemi ma anche le piccole gioie di chi cerca di vivere in modo degno con poco.
Perché il sottotitolo “istruzioni per l’uso”?
Attraverso una visione non banale della via e degli abitanti si arriva più vicini alla verità, a quello che significa davvero vivere lungo quella strada dritta e lunga, ma fatta di tante braccia quante sono le vie trasversali, e di tante porte che si possono aprire. Una visione che non deve essere positiva per forza, ma mettere in risalto ombre e luci.
Via Padova ha più ombre o luci?
È un nuovo mondo con linguaggi ancora da decifrare, una sfida sociale da affrontare a viso aperto, che rappresenta il futuro. Di certo è una via che rifiuta qualsiasi slogan, compresi quelli tinti di buonismo: più che di integrazione, c’è bisogno di reciprocità, di voglia di conoscersi, di collaborazione sincera fra tutti, istituzioni comprese.

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