Io, quello sempre diverso nel gruppo, il “bulgaro”, ho vinto con i colori italiani. E ne sono orgoglioso.
E così ho scoperto
quanto sono fortunato ad essere
una somma di cose diverse.
Anche se vorrei
saper leggere meglio il cirillico…di Lubna Ammoune
La società dei nuovi italiani? È un mondo fatto di classi in cui il numero di ragazzi di seconda generazione è il nostro presente, sfida e occasione per essere preparati alla nuova società che non cambia solo per le braccia di stranieri che lavorano ma anche e soprattutto per nuove menti che pensano, sguardi che s’incontrano, sensibilità che si riconoscono, volti che si raccontano e mani che scrivono le loro vite. Per questo numero di Yalla Italia ho deciso di ripercorrere, e per la prima volta di riflettere e approfondire, un prezioso legame imprescindibile di amicizia, maturato in cinque anni di liceo e che prosegue.
In Alexander ritrovo un cammino simile al nostro. G2 nella categoria più ampia, nello specifico italiano di famiglia bulgara e cristiana ortodossa. Alexander Michev, 21 anni, studente di Medicina e Chirurgia al San Raffaele di Milano, campione nazionale di canoa, compagno di classe e nella vita che con la sua saggezza, la sua riservatezza, il suo savoir faire di un animo nobile e gentile accompagnano la mia esistenza.
Entrambi G2, eppure mai si è presentata l’occasione di parlare in modo diretto del “passato”, delle “origini”, di un Paese lontano e mai veramente “nostro”. Forse perché era nel subconscio, forse per pudore si credeva di entrare troppo nell’intimità dell’altro con domande frequenti poste dall’esterno eppure profondamente private o forse perché vivendo entrambi questa condizione la direzione principale a cui guardavamo era il futuro e sul cosa fare insieme. Ma ora i tempi sono maturi anche per questo confronto.
Yalla: La tua passione per la canoa?
Alexander Michev: È nata ufficialmente tredici anni fa quando mio padre mi ha fatto provare la prima volta. Da quel momento fare il mio giretto è sempre stata un’occasione per scaricare le tensioni della giornata o distrarmi un po’, ma soprattutto un momento di riflessione (quanti problemi ho risolto!). Poi sono cresciuto, la cosa si è fatta un po’ più seria e c’erano in gioco risultati importanti e forti ambizioni. Vincere il titolo italiano ha significato raggiungere un importante traguardo, ma anche ritagliarsi un posto di peso all’interno del gruppo e ottenere un po’ di attenzione da parte dell’allenatore. Sono sempre stato “diverso” all’interno di quel gruppo (mi chiamavano “il bulgaro”) perché avevo una serie di atteggiamenti che erano fuori da quel contesto e la natura di questi comportamenti “strani” per loro era dovuta alle mie origini. Tuttavia gareggiare con gente che proveniva da tutta Europa con addosso i colori italiani mi ha dato sempre una certa soddisfazione e una qualche forma di orgoglio.
Yalla: L’esperienza di G2 a scuola?
Michev: A scuola è stato un po’ diverso: non ho mai avuto problemi di integrazione per il fatto di essere nato in un altro Paese. Ciò che ha in qualche modo ostacolato le relazioni con i compagni di classe semmai è stato il fatto di cambiare spesso casa e quindi di dover cambiare scuola e amici. D’altronde i miei genitori non mi hanno mai imposto un modello culturale rigido, mi hanno lasciato libero di fare le mie scelte, con buon senso e giudizio però! Quindi non sono cresciuto diversamente dagli altri: avevo le loro stesse opportunità e i loro stessi mezzi.
Yalla: Che tipo di sentimento ti lega alle tue origini?
Michev: A volte mi chiedo cosa sia rimasto di “bulgaro” dentro di me, sento la mancanza di quel Paese da cui sono “transitato” in fretta e che ha lasciato un solco nel mio subconscio. Certe altre volte provo rammarico e anche un po’ di vergogna per il fatto di non saper leggere e scrivere bene in cirillico o di non sapermi esprimere in bulgaro nel modo in cui mi esprimo in italiano. I miei mi dicono (forse per consolarmi) che se si sanno tante lingue non le si sa parlare benissimo tutte, quindi bisogna ponderare e imparare alla perfezione quelle più utili: triste ma vero.
Yalla: Ti senti con un’identità plurima da gestire e coniugare?
Michev: Certo, ho cercato di darmi un’identità e alla fine ho deciso che non ho un’identità sola ma tutte quelle che ho (scusa la stranezza della frase) contemporaneamente: io sono la somma delle mie singole identità che in un delicato gioco di equilibri compongono il mio carattere e la mia personalità. «È complicato», direbbe qualcuno. «È interessante. Sono molto fortunato!», dico io. E poi mi viene sempre in mente quella bellissima frase di Ugo di San Vittore, che al liceo ci ha citato il nostro professore di storia e filosofia (ti ricordi?) e che ho trovato in un libro di Petko Todorov (bulgaro “esule” anche lui): «L’uomo che trova dolce la sua patria non è che un tenero principiante; colui per il quale ogni terra è come la propria è già un uomo forte; ma solo è perfetto colui per il quale tutto il mondo non è che un paese straniero».
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