Non profit

I manager coi capelli bianchi si danno al non profit

Adriano, Piero e gli altri: «Una sfida che ci sta migliorando la vita»

di Redazione

Certo, uno può andare in palestra, far dei viaggi, concedersi tutti gli sfizi cui aveva dovuto rinunciare, ma poi? «Può mettersi in condizione di ricevere continui stimoli, il modo migliore per allungare la vita dandole qualità». La testimonianza è del 67enne Adriano Motta che, lasciata cinque anni fa la vicepresidenza di una multinazionale con 4mila dipendenti, ha scelto di diventare volontario di Sodalitas. «Fino a quel momento avevo preso, ora era il tempo di cominciare a restituire alla società», spiega, «un amico mi ha parlato della fondazione ed eccomi qui». Oggi che è consigliere di gestione e responsabile dell’area non profit, Motta fa un primo bilancio di questi anni in prima linea sul fronte dell’invecchiamento attivo: «Le tesi che avevo maturato al riguardo, hanno trovato una conferma: ero sicuro che accettare nuove sfide avrebbe voluto dire contribuire a migliorare la qualità della mia vita. E così è stato». E per un manager come lui la prima delle sfide era far la conoscenza del non profit. Una necessità che ha condiviso con tutti i volontari della fondazione. Ad esempio con Piero Pedralli, che è entrato in Sodalitas andando in pensione 12 anni fa e che oggi si occupa di ong: «Un amico mi parlò di questa realtà e io pensai fosse interessante. Mi avvicinai all’associazione senza saper niente del terzo settore».
Ci ha pensato il confronto sul campo a colmare questa “lacuna”. Giacché questa è la mission di Sodalitas: mettere in relazione l’esperienza e la competenza maturate in carriere molto business oriented con organizzazioni non profit che intendono strutturarsi o che, in ambiti diversi, necessitano di consulenze manageriali. «Un approccio», spiega Pedralli, «che è estremamente positivo. Ci confrontiamo per lavorare a risolvere insieme gli eventuali problemi, trasmettendo una metodologia e adottando una logica progettuale». È un modo per guardare al futuro e per mettere ulteriormente a frutto quanto si è andati accumulando nell’arco di una vita, confrontandosi spesso con chi sta ancora elaborando un proprio sapere. «L’esperienza è un asset importante», aggiunge Motta, «raramente però si coniuga con la freschezza delle idee, con il saper guardare out of the box. Ora è proprio l’accoppiata giovani – meno giovani ad essere vincente». Ed è questa che andrebbe perseguita in una prospettiva win win: vince chi può beneficiare di competenze aggiuntive e chi le mette a disposizione. Un “matrimonio” insieme d’amore e d’interesse: la generosità e la voglia di dare una mano si coniugano con l’esigenza personale di occupare il proprio tempo libero. «Mantenere un ruolo attivo rende più gratificante la nostra vita», sintetizza Pedralli.
Ovvio quindi che si dovrebbe diffondere questo atteggiamento costruttivo nei confronti della terza e quarta età. «Occorre anzitutto sviluppare la cultura del volontariato», conclude Motta, «all’interno delle imprese e nel mondo della scuola, nei licei come nelle università. Le 85 aziende che aderiscono a Sodalitas, ad esempio, promuovono iniziative a favore del volontariato d’impresa: un modo importante per cominciare per tempo a conoscere questo ambito di possibile intervento, nel quale quando si sarà più liberi si potrà dare il proprio contributo».

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