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I più e i meno della riforma Gelmini

I nodi cruciali di un provvedimento atteso da due anni

di Redazione

Faccia a faccia tra Marco Bianchi, sindacalista Cisl, e Valentina Aprea, la relatrice in commissione Cultura della CameraChiuse le Ssis, da due anni i laureati che sognano di diventare insegnanti non sanno come fare, condannati al limbo dallo stesso Miur. Lo schema trasmesso dalla Gelmini alla Camera (atto n. 205) disegna i nuovi percorsi per la formazione iniziale e l’abilitazione degli insegnanti di ogni ordine e grado.

Gli obiettivi. Tre gli obiettivi, dichiarati dalla relazione del relatore Valentina Aprea (nella foto): il primo è «rafforzare le conoscenze disciplinari degli insegnanti», visto che le valutazioni internazionali in materia ci bocciano. Il secondo è predisporre il passaggio «dal semplice sapere al sapere insegnare». Il terzo obiettivo è una promessa (anche se la Aprea preferisce “premessa”): «Porremo fine all’accesso illimitato alla professione che creava il precariato; sarà consentito ai giovani l’inserimento immediato in ruolo».

Come si cambia. Un corso di laurea unico, di cinque anni, per scuola dell’infanzia e primaria, cui è affiancato a partire dal secondo anno un tirocinio formativo attivo da svolgere in classe. Per la secondaria, invece, laurea magistrale più un successivo anno di tirocinio. Per Marco Bianchi, segretario regionale Cisl Scuola Lombardia, i nuovi percorsi «sono ancora troppo centrati sul teorico e, soprattutto nel caso della secondaria, il tirocinio rischia di risultare posticcio». Critica che la Aprea respinge: «Non è vero, c’è moltissima didattica anche alla secondaria. Certo, il contenuto del tirocinio è da specificare, ma certo bilancerà bene le cose».

Il punto debole. Vuoi per i due anni di stallo, vuoi perché non tutti alle Ssis si sono iscritti, sta di fatto che per ammissione della stessa Aprea oggi ci sono «circa 190mila precari non abilitati con almeno 360 giorni di servizio». Che ne sarà di loro?, si chiede Bianchi. «Occorre prevedere un valore per il servizio, da far valere nel tirocinio. Come faranno queste persone a farlo? Impensabile mettere in classe la supplente della supplente», dice. La Aprea ha già aperto alle istanze sindacali: «È il punto debole dello schema, occorreranno soluzioni che riconoscano un peso graduato al servizio svolto, come al dottorato».

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