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I Quaderni del Cesvot sugli stereotipi

Nel nuovo volume i risultati di una ricerca con l'Università di Firenze sulle rappresentazioni sociali in tema di volontariato

di Redazione

Si parla molto di comunicazione sociale ma poco della capacità comunicativa del volontariato e di come esso si rappresenti e venga percepito. Il volume Il volontariato. Immagini, percezioni e stereotipi pubblicato da Cesvot ne “I Quaderni” (n. 50, pp. 208) offre alcune indicazioni e risposte grazie a una ricerca promossa da Cesvot e realizzata da un gruppo di lavoro coordinato da Laura Solito e Carlo Sorrentino dell’Università di Firenze. Attraverso interviste, focus group e l’analisi di oltre 50 siti web, la ricerca ha indagato immagini, percezioni e stereotipi del e sul volontariato.

Lo scopo della ricerca era quello di «rilevare come spiegano Laura Solito e Carlo Sorrentino – le principali rappresentazioni sociali esistenti in tema di volontariato, analizzando sia l’’offerta, cioè come si propongono a livello comunicativo coloro che fanno volontariato, sia la percezione dei cittadini quando si parla di volontariato, cercando di scoprire quali concetti, valori, norme di comportamento evocano le pratiche sociali in cui si sostanziano le attività di volontariato».

Due le prospettive attraverso cui la ricerca è stata condotta: limmagine comunicata e limmagine percepita del volontariato. Quali gli obiettivi, le modalità, le strategie con cui il volontariato comunica alla collettività la propria identità e rende visibile il proprio agire concreto? E, viceversa, quali ‘idee’ di volontariato circolano nella società? Due domande complementari a cui la ricerca ha cercato di dare risposta analizzando 52 siti web di associazioni di volontariato e selezionando un campione di circa 6070 soggetti che, in virtù della loro esperienza professionale o di vita, sono stati ritenuti portatori di un punto di vista particolare.

Dalla ricerca risulta che l’immagine di sé che le associazioni comunicano passa molto attraverso il beneservizio offerto, materiale o immateriale che sia. D’altra parte, i cittadini tendono a percepire le associazioni sulla base di una dicotomia: associazioni operative che offrono servizi soprattutto in ambito socio-sanitario e associazioni che difendono cause e valori più astratti e universali, ad esempio in ambito culturale, ambientalista o internazionale. Da qui uno degli stereotipi più comuni emersi nei focus group: le associazioni di volontariato e i volontari intervengono soprattutto nella risoluzione di problemi circoscritti, prevalentemente afferenti all’area del disagio, del bisogno e della marginalità (poveri, immigrati, disabili, anziani). Questa visione influenza anche la percezione dei rapporti tra istituzioni e volontariato: i partecipanti ai focus group percepiscono il volontariato subordinato alle istituzioni e non soggetto collaborante.

Si registra, invece, una convergenza tra immagine comunicata e immagine percepita rispetto all’attività volontaria: se azione, organizzazione, impegno sono i termini più usati dalle associazioni per descrivere se stesse e il proprio lavoro, secondo i partecipanti ai focus group continuità e impegno sono il tratto caratteristico del volontariato e dei volontari. Tuttavia, sebbene le associazioni insistano molto su competenza, metodo e formazione per descrivere il lavoro dei volontari, la gran parte dei cittadini continua a pensare che ad orientare l’azione volontaria siano listinto, la passione e il fai da te.

Il volume è consultabile gratuitamente in formato pdf sul sito www.cesvot.it (>pubblicazioni>periodici>quaderni).

 

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