Voglio dedicare questo spazio a Beppe Quirici, scomparso poco più di un mese fa. Portano la sua firma di produttore alcuni dei dischi più belli della canzone d’autore italiana. Ivano Fossati, Giorgio Gaber, Ornella Vanoni, Cristiano De Andrè. Ma qui nel Sottobosco voglio ricordarlo come coraggioso scopritore di talenti. E voglio ricordare le sue due ultime produzioni, Bonaveri e Giua, due cantautori della nuova generazione su cui Quirici aveva deciso di scommettere, rivestendo di classe e accuratezza musicale i loro (bei) dischi. Se Magnifico di Germano Bonaveri nasce e vive sotto il segno della canzone impegnata, il disco (omonimo) di Giua, giovanissima e talentuosa cantautrice e pittrice ligure prende strade più liriche, più evocative. Due prodotti diversi, accomunati dal rigore della fattura, dall’attenzione al particolare, da quella miscela in cui jazz, rock, etnici e molto altro – per citare la motivazione con il Premio Tenco aveva voluto premiarlo nel 2007 – «vengono sublimati in una nuova materia che non riporta direttamente a nessuna delle fonti». Ma che rende irripetibile (e indimenticabile) il suono di Beppe Quirici.
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