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I Tuareg “orfani” di Gheddafi mettono a rischio il Mali

di Redazione

A Bruxelles lo chiamano “il danno collaterale della Libia”. E la prima vittima della caduta di Gheddafi è il Mali. Complici centinaia di Tuareg super armati rimasti fino all’ultimo al servizio del leader libico e costretti alla fuga dopo la sua morte. Molti di loro hanno trovato riparo nel Nord Mali e approfittato del colpo di Stato che ha rovesciato il presidente maliano Amadou Toumani Touré per lanciare un’offensiva militare che, per la prima volta dall’indipendenza, minaccia l’integralità territoriale del territorio maliano.
Kidal, Gao e Timbuctù sono le tre città strategiche del Nord cadute nelle mani del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad. Per l’Mnla, il Mali settentrionale è una terra che da sempre appartiene ai Tuareg e, secondo il suo portavoce Moussa Ag Assarid, «è giunta l’ora della nostra indipendenza».
Alla nuova giunta militare maliana non sono bastati 7.350 soldati, 33 blindati e 16 aerei di combattimento per sconfiggere 2-3mila ribelli Tuareg. Tra la corruzione, l’assenza di mezzi militari adeguati e il morale sotto i tacchi, i militari maliani hanno abbandonato il Nord senza nemmeno combattere.
Ma i Tuareg non hanno avuto il tempo di festeggiare che già sono apparse lotte intestine tra la corrente maggioritaria composta dall’Mnla, che vuole instaurare una repubblica Tuareg laica limitata al Nord Mali, e l’ala minoritaria di Ansar Dine, che intende imporre la sharìa su tutto il territorio maliano con l’appoggio dei terroristi di Aqmi – Al Qaeda in Maghreb. A Timbuctù, l’Mnla è già stato cacciato da elementi di Ansar Dine e Aqmi.
Intanto a Bamako c’è chi teme che i Tuareg non si fermeranno al Nord. Molti sperano che Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, mandi i suoi 2mila soldati per ristabilire l’ex presidente Touré al potere e ricacciare i Tuareg alla frontiera.

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