Politica e comunità

I vescovi delle aree interne: «Diciamo no al “suicidio assistito” scelto dal Governo»

In una lettera-appello al Governo e al Parlamento, i 135 pastori delle aree interne commentano il recente Piano strategico nazionale delle aree interne e ne evidenziano la inaccettabile prospettiva di resa: «Guardare questi luoghi con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe – oltre che segno di grave miopia politica – un torto fatto alla Nazione intera. Serve generare un ripopolamento delle idee, ancor prima di quello demografico»

di Gabriella Debora Giorgione

una strategia quasi da “abbandono terapeutico” per le comunità, che vengono considerate incapaci di porsi qualsiasi obiettivo di inversione di tendenza e per le quali viene decretata la sola possibilità di un “percorso di cronicizzato declino e invecchiamento, in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita”.

Così, 135 vescovi italiani, riuniti a Benevento sotto la guida del presidente della Conferenza episcopale italiana, il card. Matteo Zuppi – che ha dato la disponibilità della Cei a partecipare al tavolo permanente sulle aree interne insieme al Forum nazionale e all’Intergruppo parlamentare – hanno riletto il Piano strategico nazionale delle aree interne-Psnai del Governo indirizzando a Giorgia Meloni e al Parlamento italiano una lettera-appello accompagnata da un documento e da uno studio, in cui parlano di «suicidio assistito» per le aree interne. Evidenziando, a pagina 6 dello studio, anche le voci del «vocabolario inaccettabile» del Psnai «che rischia quasi, specie in alcune parti, di sostituirsi di fatto alla formula dell’autonomia differenziata. Una strategia quasi da “abbandono terapeutico” come segnale di resa da un lato e di scarsa consapevolezza anche di quanto positivamente si inserisce nelle agende istituzionali, dall’altro», si legge.

Il vocabolario del Piano strategico del Governo per le aree interne è inaccettabile. In definitiva, è un invito a mettersi al servizio di un “suicidio assistito” di questi territori

L’appello al Governo e al Parlamento

«Sono molti gli indicatori che fanno prevedere all’Istat un destino delle aree interne che, sotto tanti aspetti, sarebbe definitivamente segnato, al punto che l’Obiettivo 4 della Strategia nazionale s’intitola: “Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”. In definitiva, un invito a mettersi al servizio di un “suicidio assistito” di questi territori», scrivono i vescovi.
E rincarano: «Si parla, infatti, di struttura demografica ormai compromessa, con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività, di aree che non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. In sintesi, il sostegno per una morte felice. In questo quadro complesso – e preoccupante! –, la comunità ecclesiale resta una delle poche realtà presenti ancora in modo capillare sul territorio nazionale.  Come vescovi e pastori di moltissime comunità fragili e abbandonate, quindi, non possiamo e non vogliamo rassegnarci alla prospettiva adombrata dal Piano strategico nazionale delle aree interne».

La proposta dei vescovi parte dalla richiesta che «Venga esplorata con realismo e senso del bene comune ogni ipotesi d’invertire l’attuale narrazione delle aree interne». I 135 prelati, inoltre, sollecitano «le forze politiche e i soggetti coinvolti a incoraggiare e sostenere, responsabilmente e con maggiore ottimismo politico e sociale, le buone prassi e le risorse sul campo, valorizzando un sistema di competenze convergenti, utilizzate non più per marcare differenze, ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà nel Paese» e chiedono «di avviare un percorso plurale e condiviso in cui gli attori contribuiscano a costruire partecipazione e confronto così da generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico».

Il Forum dei vescovi delle aree interne | foto: ufficio stampa forum vescovi

I vescovi delle aree interne, inoltre, ritengono che sia ora di «ribaltare la definizione delle aree interne, passando da un’esclusiva visione quantitativa dello spazio e del tempo – in cui è ancora il concetto di lontananza centro-periferia a creare subalternità – a una narrazione che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi: si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale; s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co-working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina».

Guardare questi luoghi in cui la vita rischia di finire con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe – oltre che segno di grave miopia politica – un torto fatto alla Nazione intera

I vescovi si augurano, dunque, che le riflessioni fatte nelle varie sedute del loro forum «Siano fatte oggetto di attenta riflessione da parte del Governo e del Parlamento perché in questi luoghi in cui la vita rischia di finire, essa può invece assumere una qualità superiore: guardarli con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe – oltre che segno di grave miopia politica – un torto fatto alla Nazione intera».

Nel documento-studio, infine, il forum dei vescovi delle aree interne offre un’analisi particolareggiata dell’attuale quadro normativo delle aree interne, proponendo l’adozione di una sorta di “Testo unico delle aree interne”, che chiarisca e orienti enti, istituzioni e comunità verso un approdo convinto e convincente in cui certi territori possano trovare motivi e opportunità per sperare di evitare abbandono, spopolamento e rischio di estinzione. Ed una serie puntuale di azioni strategiche e interventi operativi da adottare per la rivitalizzazione delle aree a rischio scomparsa.

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