Non profit

Ici e Chiesa, il festival delle bugie

Le ragioni e le regole delle esenzioni sono chiare. Un esperto aiuta a diradare la confusione

di Redazione

A proposito di Ici, se ne sono sentite tante in queste settimane in merito all’esenzione di cui godono gli edifici della Chiesa. Per fare un minimo di chiarezza, ecco le risposte che un esperto, Marco Ciamei, avvocato, dà alle domande che tutti ci siamo fatti.

L’esenzione è riservata agli enti della Chiesa cattolica
In realtà la legge destina l’esenzione a tutti gli enti non commerciali, categoria nella quale rientrano certamente gli enti ecclesiastici, ma che comprende anche: associazioni, fondazioni, comitati, onlus, organizzazioni di volontariato, organizzazioni non governative, associazioni sportive dilettantistiche, circoli culturali, sindacati e partiti politici (che sono associazioni), enti religiosi di tutte le confessioni e, in generale, tutto quello che viene definito come il mondo del “non profit”. Fanno parte degli enti non commerciali anche gli enti pubblici.

L’esenzione vale per tutti gli immobili della Chiesa cattolica
L’esenzione richiede la compresenza di due requisiti: quello soggettivo, dove rileva la natura del soggetto (essere “ente non commerciale”), e quello oggettivo, dove rileva la destinazione dell’immobile (utilizzarlo “esclusivamente” per le attività di rilevanza sociale individuate dalla legge ed in modo “non esclusivamente commerciale”). Non è vero, quindi, che tutti gli immobili di proprietà degli enti non commerciali (e, quindi, della Chiesa cattolica) sono esenti: lo sono solo se destinati alle attività sopra elencate. In tutti gli altri casi devono pagare regolarmente l’imposta: è il caso degli immobili destinati a librerie, ristoranti, hotel, negozi, delle case date in affitto.

L’esenzione vale per ogni imposta
In realtà l’esenzione dall’Ici (che è un’imposta patrimoniale) non ha alcun effetto sul trattamento riguardante le imposte sui redditi e l’Iva, né esonera dagli adempimenti contabili e dichiarativi. Infatti gli enti non commerciali, compresi quelli della Chiesa cattolica che svolgono anche attività fiscalmente qualificate come “commerciali”, sono tenuti al rispetto dei comuni adempimenti tributari e al versamento delle imposte secondo le previsioni delle diverse disposizioni fiscali.

Gli alberghi di proprietà della Chiesa o di enti non profit sono esenti
Gli alberghi, anche se di enti ecclesiastici o di organizzazioni non commerciali, non sono esenti e devono pagare l’imposta. Ad essere esenti sono, piuttosto, gli immobili destinati alle attività “ricettive”, che è ben altra cosa. Si tratta di immobili nei quali si svolgono attività di “ricettività complementare o secondaria”.
In pratica, le norme nazionali (legge 21 marzo 1958, n. 326, attuata con il dpr 20 giugno 1961, n. 869) e regionali distinguono fra ricettività sociale e turistico-sociale. La prima comprende soluzioni abitative che rispondono a bisogni di carattere sociale, come per esempio pensionati per studenti fuori sede oppure luoghi di accoglienza per i parenti di malati ricoverati in strutture sanitarie distanti dalla propria residenza. La seconda risponde a bisogni diversi da quelli a cui sono destinate le strutture alberghiere, poiché non si rivolgono ad una schiera indifferenziata di soggetti, ma a persone appartenenti a determinati gruppi: si tratta di case per ferie per lavoratori, colonie per studenti e strutture simili.
Entrambe sono regolate, a livello di autorizzazioni amministrative, da norme che ne limitano l’accesso a determinate categorie di persone e che, spesso, richiedono la discontinuità nell’apertura. Se si verifica che qualche albergo (non importa se a una o a cinque stelle) si “traveste” da casa per ferie, questo non vuol dire che sia ingiusta l’esenzione, ma che qualcuno ne sta usufruendo senza averne diritto. Per questi casi i Comuni dispongono dello strumento dell’accertamento, per recuperare l’imposta evasa.

Basta una cappellina per ottenere l’esenzione
È del tutto falso che una piccola cappella posta all’interno di un hotel di proprietà di religiosi renda l’intero immobile esente dall’Ici, in base al fatto che così si salvaguarderebbe la clausola dell’attività di natura “non esclusivamente commerciale”. È vero esattamente l’opposto: dal momento che la norma subordina l’esenzione alla condizione che l’intero immobile sia destinato a una delle attività elencate e considerato che l’attività alberghiera non è tra queste, in tal caso l’intero immobile dovrebbe essere assoggettato all’imposta, persino la cappellina che, autonomamente considerata, avrebbe invece diritto all’esenzione.

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