Medio Oriente
L’operatore umanitario: «Dalla mia finestra vedo solo detriti, ma i gazawi ogni giorno mi insegnano a ricominciare»
Angelo Rusconi è il capo progetto di Medici senza frontiere a Gaza City: «Nelle cliniche riceviamo persone che spesso mangiano una volta ogni tre o quattro giorni», racconta. «Per loro l'idea di futuro non esiste più, ma hanno comunque la forza di ricominciare di ora in ora»
di Anna Spena

Il primo ricordo che Angelo Rusconi ha di Gaza City è una bella immagine: «Le strade vive, i palazzi intatti, il verde degli alberi a costeggiare i marciapiedi». Questa città l’ha vista per la prima volta undici anni fa; «certo», spiega, «non sono mai mancati i problemi». Rusconi è capo progetto per Medici Senza Frontiere a Gaza City, quando lo scorso maggio è tornato, si è trovato davanti una città rasa al suolo: «Dalla mia finestra ora si vede il mare, prima quella vista era coperta dai palazzi che sono stati rasi al suolo».
Ogni numero civico è un cumulo di detriti
Tra il 7 ottobre 2023 e il 4 giugno 2025, dati Ocha, almeno 54.607 palestinesi sono stati uccisi nella Striscia di Gaza, mentre 125.341 sono stati feriti. Le stime sono al ribasso. «Guarda, facciamo una videochiamata», dice. «Vediamo se internet funziona, anche se non funziona bene quasi mai». Arriva a una finestra, gira la fotocamera del telefono, si vede – in lontananza – il mare. «Il palazzo davanti a me è stato bombardato, quello di fianco era in costruzione ma non l’hanno mai finito, quello dopo ancora è stato incendiato, quello che vedi davanti bombardato e poi ricostruito e poi bombardato ancora».

Sopra ai detriti, sulle strade polverose, una fila di tende dove vive chi una casa non ce l’ha, ma parliamo del 90% della popolazione che è stata sfollata ripetutamente, alcuni dieci volte o più. «C’è tantissima gente per strada e nelle scuole. Ma dieci giorni fa, un razzo è caduto in una scuola, e ha ucciso 35 persone. Quattro giorni fa, in fondo alla mia via, a 600 metri dalla spiaggia, un attacco notturno invece ne ha uccise sette. Secondo l’ultimo censimento delle Nazioni Unite la gente è ammassata nel 19% del territorio di tutta la Striscia». Rusconi vive «in un quartiere a Est della città, ma a Nord è tutto ridotto in macerie. Ogni numero civico è un cumulo di detriti: una distruzione sistematica».
Baluardo di umanità
A Gaza City Msf gestisce tre strutture dove arrivano fino a quattrocento pazienti al giorno. «La nostra sala d’aspetto, oltre ai malati cronici e i feriti, ha cominciato ad accogliere bambini malnutriti e donne in gravidanza malnutrite. È sempre piena, è un baluardo dell’umanità». La situazione degli aiuti è disastrosa (lo abbiamo raccontato in questo articolo: “La beffa degli aiuti a Gaza: entrano solo le briciole”): «Negli ultimi giorni sono passati a malapena 20 o 30 camion, e ieri solo 11 camion commerciali a Deir al-Balah, al centro della Striscia. Qui al Nord invece abbiamo notizia di solo due camion arrivati quattro giorni fa». L’iniziativa di distribuzione di cibo nella Striscia di Gaza, concepita da Stati Uniti e Israele, è un completo disastro, un fallimento totale. Si tratta dell’ennesima forma di trattamento inumano inflitta dalle autorità israeliane alla popolazione palestinese. «Distribuire gli aiuti è un’operazione seria che richiede organizzazione e pianificazione. Non si possono semplicemente lasciare tre o quattro pallet in una zona e aspettarsi che funzioni, specialmente quando la gente è allo stremo e disposta a tutto per dar da mangiare ai propri figli. Abbiamo notizie di persone che hanno camminato per 15, 20 o 30 chilometri per raggiungere i centri di distribuzione. Oltre a essere caotica, questa modalità di distribuzione è estremamente pericolosa. Negli ospedali del Sud e del Centro sono arrivati feriti da arma da fuoco. Una delle prime distribuzioni ha portato a 200 feriti, 90 dei quali in gravi condizioni, e 47 morti. Non si era mai vista una cosa del genere». Il cibo non c’è, e quello che si trova «ha un prezzo altissimo. Un chilo di farina costa 18 dollari, un chilo di riso 20 dollari. Un litro di gasolio costa 25 dollari. Un vasetto di Nutella costa 150 dollari. La gente è allo stremo, vive di sussistenza. Nelle cliniche riceviamo persone che spesso mangiano una volta ogni tre o quattro giorni. Eppure fermi alle frontiere ci sono centinaia di camion carichi di cibo e medicine lasciati lì a marcire mentre qui la gente muore di fame: questo è sadismo».
Il futuro non esiste più
Gaza è divisa in blocchi e soggetta a ordini di evacuazione continui: «All’inizio davano due ore o a volte un giorno di tempo per lasciare la zona. Due giorni fa invece c’è stato un ordine di evacuazione e la gente ha avuto solo sette minuti per spostarsi. Dalla mia finestra si sentono le bombe cadere, è un rumore costante. A volte, quando cade, si vede il fumo salire, le sirene partono e poi le ambulanze si precipitano». Rusconi si sforza a cercare «qualcosa di bello a cui aggrapparmi. Non lo trovo. Qua di bello non c’è proprio più niente. Ma quando portano via i morti e i feriti, la gente sistema quel poco che è rimasto e riprende la vita. È un po’ come un formicaio: puoi distruggerlo cento volte, ma le formiche tornano sempre indietro. È la forza inesorabile della vita che ritorna. I gazawi sono persone che hanno la forza di ricominciare ogni ora. Per loro il concetto di futuro non esiste più. La sera non dicono “speriamo che arrivi domani”, dicono “speriamo che non cadano troppe bombe”. Parlare con le persone qui è toccante. E noi siamo solo spettatori, loro sono gli eroi. Noi cerchiamo di accompagnarli, di essere un po’ con loro, di dare quel poco di acqua e assistenza, di restituire un briciolo di dignità. Un genitore che non ha un posto dove far dormire i propri figli, o non sa cosa mettere nel piatto, è una cosa che ti spezza il cuore: qui a Gaza l’umanità sta rischiando di perdersi».
AP Photo/Jehad Alshrafi/Associated Press/LaPresse
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