Non profit
Il diritto alle cure dipende da un numero
Associazione italiana malattia di Alzheimer
di Redazione

Vita: Patrizia Spadin, presidente di AIma – Associazione italiana malattia di Alzheimer, i vostri pazienti ottengono facilmente i farmaci rimborsabili?
Patrizia Spadin: No. Il primo ostacolo è rappresentato dal numero limitato di Uva – Unità di valutazione Alzheimer presenti sul territorio nazionale. Sono gli unici centri autorizzati a stilare il piano terapeutico che dà accesso ai farmaci garantiti. Questo costringe le famiglie a lunghi spostamenti. Nella maggior parte delle Asl, peraltro, sono aperte solo poche ore a settimana. Laddove ci sono poche Uva, le liste dei pazienti si allungano e si arriva dunque alla diagnosi e alla cura quando la malattia è già in fase avanzata e i farmaci ormai non sono più efficaci.
Vita: Fatto il piano terapeutico, la strada è in discesa?
Spadin: Non più. Mi spiego: le Unità, che ogni sei mesi valutano lo stato di avanzamento della malattia, tendono a fare uscire prima possibile i malati dalla terapia. Se il malato infatti ha un punteggio inferiore a 11 nel test Mmse (Mini mental state examination) non ha più diritto al rimborso dei farmaci. Mentre prima, raggiunto quel limite, si cercava una terapia diversa, oggi, segnalano le famiglie, i malati vengono buttati fuori dal ciclo di cure. Temiamo sia l’effetto del contenimento della spesa sanitaria.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.