Welfare

Il fattore “J”, ovvero audacia da sfogliare

di Redazione

«Jasad» è un nuovo mensile che sta avendo un grande successo a Beirut. È diretto da una donna. Il suo nome significa “corpo”. Un nome, un programma…di Lubna Ammoune
«È tempo che nel mondo arabo cambi la sensibilità e la percezione che si ha nei confronti della sessualità. Dobbiamo rompere questi tabù e frenare l’ipocrisia e la schizofrenia che regnano nei nostri Paesi non appena ci si avvicina ad argomenti che riguardano il corpo». Sono queste le parole con cui la rivista trimestrale Jasad (corpo, in arabo) viene lanciata nel dicembre 2008 dalla sua fondatrice e direttrice, la poetessa libanese Joumana Haddad (nella foto). Più che chiedersi quanto il mondo arabo sia preparato a ricevere tra le mani e nelle proprie edicole una rivista come la sua, la responsabile del magazine interroga il passato e il patrimonio poetico dedicato all’eros.
Il corpo di Jasad, come si può leggere nel primo editoriale, è nato come un progetto culturale, intellettuale, letterario, artistico, scientifico e sociologico, senza nessun visibile limite alle ispirazioni. Un corpo che costantemente cresce e che continuamente si evolve. Un corpo vivente che mangia, beve e respira, che è alla ricerca e si interroga, che si trasforma, si riproduce, impara e riflette. In Jasad si rispecchia il corpo della vita, del pensiero, del cuore, della sessualità e del linguaggio. E rispecchia soprattutto il corpo del corpo, nel suo conscio e nel suo subconscio, in passato, presente e futuro. Riguarda tutto ciò che è proibito o represso per andare oltre i clichés e i pregiudizi. Gli autori che hanno abbracciato il progetto sono intellettuali, scrittori, studiosi e giornalisti arabi. Sono pagine che nascono «perché i sistemi hanno condannato la nostra lingua e la nostra libertà, ma nel dizionario ci sono termini che noi abbiamo diritto di usare e bisogna chiamare gli elementi col proprio nome. Esistono pagine di letteratura del X e XI secolo in lingua araba che farebbero arrossire anche l’autore occidentale moderno più osceno, siamo sempre stati precursori nella letteratura erotica». Una delle frustrazioni della Haddad è questa castrazione sulla letteratura del corpo e la vera sfida è affrontare questa schizofrenia in arabo, con menti arabe e penne di autori arabi. «Rappresento un po’ questa vendetta. Ho bisogno di qualcosa che mi appassioni e mi provochi. Per questo credo in Jasad e nella mia poesia. Il corpo è l’universo dentro cui si muove la mia lettura e la mia scrittura».
Perché il nome “Corpo”? Oltre che per il contenuto, la parola “Jasad” inizia per “J”. E per “J” iniziano anche altre parole arabe come bello, deviante, provocatorio, universale e collettivo. E “J” sta per nuovo. Per novità audace e intrepida, per immediata attrazione. “J” sta per risposta. “J” sta per il ponte, l’ala, l’anima, la montagna, il precipizio e il limite. “J” è per ogni fame nello stomaco e per l’avidità all’interno di ogni fame. E “J” sta per l’embrione, che crea la sua stessa luce quando esce alla luce.
Nel primo numero si è parlato di omosessualità, feticismo, masturbazione, cannibalismo e piacere. L’indice segue uno schema costante: temi specifici del numero con sezioni tipo “Parlando di corpo” (editoriale curato dalla Haddad), “La mia prima volta” (storia personale rivolta ai lettori)… A chi ha da ridire sui contenuti o sulle immagini della rivista, Joumana ribatte: «E voi cosa sapete a proposito di quelle tradizioni o della nostra eredità, o voi, discendenti di Abu Nuwas, Al-Nafzawi, Al-Sayouti, Al-Tifashi, Al Aghani ed eredi delle Mille e una notte? Questa è letteratura intrisa di erotismo. Voglio risvegliare le donne arabe, far capire che la sessualità non va soffocata. Perché il corpo è la verità che tutti noi possediamo».

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