
Non fa notizia sulla stampa nostrana – davvero triste doverlo constatare – la drammatica situazione dello Zimbabwe dove circa la metà della popolazione potrebbe presto avere bisogno di costante assistenza alimentare e sanitaria. Secondo John Holmes, sottosegretario generale dell’Onu per gli Affari Umanitari, sono già tre milioni le persone che nel Paese africano fanno affidamento sugli aiuti per sopravvivere, ma la situazione è in continuo peggioramento e potrebbero diventare 5 milioni in breve tempo i bisognosi. Dal punto di vista negoziale, il nuovo presidente sudafricano Kgalema Motlanthe ieri ha invitato il suo predecessore Thabo Mbeki a proseguire nella sua azione di mediazione nello Zimbabwe dicendosi fiducioso che Mbeki possa ottenere altri “storci successi” nella sua mediazione. Sta di fatto che il clima politico è sempre teso ad Harare. Infatti finora il presidente Robert Mugabe e il premier-leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai non hanno raggiunto un accordo sulla formazione del governo di unità nazionale. E mentre Mugabe insiste con il voler prendere i ministeri forti invece che puntare allo spirito di condivisione del potere consentendo al Paese di voltare pagina, le transazioni economiche nello Zimbabwe vengono effettuate con dollari americani o rand sudafricani e, in misura minore, con altre valute straniere. Il via libera della Banca Centrale – a fronte di un’inflazione record e con la valuta nazionale praticamente ridotta a carta straccia – dovrebbe consentire di far fronte alla crisi economica e alla penosissima carenza di cibo e altri generi di prima necessità. Sono circa 600 le licenze che autorizzano negozi, supermercati, importatori di benzina e altri esercenti a importare o a effettuare scambi nelle divise straniere. Il futuro dello Zimbabwe, inutile nasconderselo, è appeso ad un filo…
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