Sull’Agenzia del terzo settore che chiude i battenti, le dichiarazioni del ministro Fornero sorprendono per mancanza di consecutio logica quando afferma che «fare un’altra authority non sarebbe stato possibile. Tenerla in vita così com’è sarebbe stata la riprova che in Italia non si può chiudere niente». Detta così sembra che l’efficienza di un governo si misuri nel tagliare, indifferente al “cosa” si taglia. Il ministro non prende neppure in considerazione una “terza via” che prevedrebbe la strada mediana del rinnovamento dell’Agenzia con poteri regolatori più puntuali e accresciute disponibilità.
L’Agenzia per il terzo settore ricopre un ruolo rilevante verso tre fronti: gli enti non profit, come interlocutore di oltre 300mila enti soggetti di cui conosce difficoltà e potenzialità; la cittadinanza: donatori e fruitori guardano all’Agenzia come l’ente che opera al fine di ridurre le occasioni per i disonesti di delinquere attraverso il non profit; infine gli enti pubblici, che hanno bisogno di una controparte che si nutra ogni giorno di “pane e non profit”, dato che Comuni e Asl, ad esempio, di terzo settore non sanno poco ma con le onlus hanno relazioni significative. A fronte di questa ampia platea di bisognosi, le risorse a disposizione dell’Agenzia sono state via via ridotte per arrivare alla metà del 2010 quando i consiglieri dell’Agenzia si sono sospesi l’indennità in forza di una norma che vieta ai membri dei cda di una serie di soggetti pubblici o finanziati dallo Stato di ricevere emolumenti. Un colpo alla Casta, direte voi. No, un colpo al buon senso. Proprio chi fa parte di un ente pubblico che tutela l’interesse pubblico, com’è il caso acclarato dell’Agenzia, deve essere messo in grado di operare con professionalità dedicandosi per intero al mandato. E stride, peraltro, che, nell’ultimo decreto Milleproroghe all’esame al Senato, da questa norma “taglia emolumenti” siano stati esentati (e quindi continuino a ricevere le indennità) i componenti dei consigli delle federazioni sportive riconosciute dal Coni che, per carità, ricoprono di certo un importante ruolo sociale, ma non paragonabile a quello svolto dall’Agenzia.
In momenti di crisi, la bontà dei provvedimenti risiede nella capacità di discernere cosa ridurre e dove investire. L’esenzione alle federazioni sportive costa allo Stato 2 milioni di euro, il costo attuale dell’Agenzia è di 800mila euro annui. Dati alla mano, ministro, investire nell’Agenzia per il terzo settore rende già nel presente.
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