Cultura
Il mare, metafora tragica della potenza
Novità. Il libro confessione di Magris: un bilancio del 900: "Alla cieca",di Claudio Magris ,Garzanti, pp. 335, euro 18.
di Redazione
La figura che si confessa nel nuovo libro di Claudio Magris è un personaggio eterno, un archetipo che si incarna in molti nomi e casi cruciali della storia: è l?isolato, lo sconfitto, l?individuo che si ribella prendendo la via di una fuga senza ritorno, metaforica o reale, nell?azzardo e nell?esilio, oppure, con un movimento opposto ma dal senso identico, colui che si nega al gorgo del mondo attraverso una strategia di difesa paranoica e distruttiva.
L?essere umano rinchiuso in ospedale psichiatrico che parla in Alla cieca ha vissuto in una zona d?ombra rischiosa, condannato a vivere tra la nostalgia della casa e l?irresistibile richiamo dell?ignoto, mentre la vita appare come un?entità sempre presente ma irraggiungibile. Dice a un certo punto l?io monologante: «Ho voluto mettere a posto il mondo anziché trovarvi riparo, e questo il mondo non lo perdona». Sfondo dominante del romanzo è il mare, immagine stessa dell?essere, elemento da cui nasce tutto ma anche rischioso richiamo dell?unità perduta, luogo del pericolo, della cieca aggressione, del naufragio e della scomparsa. Per Magris il mare è una forza oscura, che è l?amore ma anche la morte, una furia terribile e affascinante in cui l?individuo viene annientato. Nella sua forza totalizzante il mare è anche allegoria del potere cieco dei regimi del 900.
L?io narrante di questa epica della perdita attraversa luoghi, tempi e identità differenti. Si parte da Salvatore Cippico, militante italiano del partito comunista, scampato ai lager nazisti e fatto prigioniero da Tito, per arrivare a Jorgen Jorgensen, avventuriero che divenne re d?Islanda, poi condannato ai lavori forzati in un?isola nei mari del sud. E altre anonime figure, partigiani, marinai, ammutinati, prigionieri, clandestini. Questi oscuri eroi vennero sconfitti dalla legge, dall?incomprensibile barbarie degli eventi e del mondo; l?atrocità travolgente del potere non consente via d?uscita e all?individuo non rimangono che la follia, la cancellazione e l?isolamento.
Il lungo monologo è improntato a una lucidità perforante e allo stesso tempo è delirante, struggente, percorso da una autentica irrequietudine e da una insopprimibile vena malinconica e tragica. Con questo libro poderoso e complesso, arcipelago di storie tra romanzo, saggio e testo teatrale, lo scrittore triestino continua il suo viaggio attraverso la parte tenebrosa della condizione umana e le insanabili contraddizioni che la caratterizzano. Andrea Leone
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