Volontariato

Il mio segno nel mondo

Tre domande a Davide Van De Sfroos.

di Sara De Carli

Parte dal lago di Como, come sempre, ma Pica!, l?ultimo album di Davide Van De Sfroos, è a suo dire il lavoro che più di tutti può essere esportabile non solo in tutta Italia, ma in tutto il mondo. Verso il concerto milanese del 19 aprile.

Perché?
«Pica!» è il «picchia!» dei minatori di Frontale, vicino a Sondalo, un paese intero di minatori. Ma è anche la volontà dell?uomo di lasciare un segno nel mondo, di non voler vivere un?esistenza appoggiata su esso. I miei personaggi, reali come sempre, non sono passeggeri appoggiati al finestrino di un treno! Sono davvero convinto che ogni persona è importante per il mondo, anche per chi non la conosce ancora, e che c?è una responsabilità globale.
Vede più voglia di lasciare il segno o di distruggere?
Il gesto più eroico, di solito, arriva dalle persone meno esemplari. Questo è consolatorio, dà speranza. La credibilità del gesto viene dalla percezione che l?uomo che lo ha fatto ha vissuto il proprio destino.
Ha scelto una cover strana…
Ultimamente amo la ruggine. Non è segno di decadenza, ma di un passato che c?è stato e che non voglio perdere.

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