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Il Myanmar ha perso la sua Road Map

Rimosso il premier ad ottobre. La sua colpa: aver pensato una marcia di avvicinamento alla democrazia. Il suo sostituto ha un curriculum famigerato (di Riccardo Tabari).

di Redazione

La rimozione del primo ministro Khin Nyunt, avvenuta lo scorso ottobre ad opera della giunta militare che governa il Myanmar, ha cancellato ogni speranza di democrazia del popolo birmano. Generale dell?esercito ed ex capo dell?intelligence, Nyunt è passato direttamente dalla poltrona di premier nei palazzi governativi della capitale Yangoon agli arresti domiciliari. Un?azione di cui non sono ancora chiare le motivazioni, anche se si sospetta che si tratti di una lotta di potere nelle alte sfere. In questo scenario di violenza e oppressione, Khin Nyunt rappresentava per alcuni il volto più moderato del regime di Yangoon. Il suo piano per una road map verso la democrazia, seppur visto dagli scettici come una semplice facciata, sembrava se non altro destinato ad aprire qualche spiraglio nei rapporti tra la nomenclatura birmana e Daw Aung San Suu Kyi, l?attivista leader della Lega nazionale per la democrazia, attualmente agli arresti domiciliari per la sua strenua opposizione alla dittatura.
«Sebbene fosse un ex militare e capo dei servizi segreti, Nyunt non è mai stato un estremista come gli altri membri della giunta militare», commenta dalla capitale norvegese Oslo, Kim Mae Win, vicedirettore del network di informazione Voice of Burma, bandito in patria per le sue critiche al governo. «Era l?unico con il quale si potesse sperare in una pur lenta apertura verso un dialogo con l?opposizione». Per altri, l?ex premier del Myanmar non era che un membro dell?esercito, uno dei tanti simboli dei soprusi che il popolo birmano subisce da più di due generazioni a questa parte.
Ora il nuovo premier dello stato asiatico è Soe Win, un protetto del dittatore plenipotenziario, Than Shwe. Sul passato del neo primo ministro del Myanmar si staglia l?ombra di uno dei più efferati crimini avvenuti negli ultimi anni: il massacro di Dipeyin, località nel nord del Paese, dove nel maggio del 2003 almeno 70 membri dell?Nld furono trucidati dalle autorità. Il massacro coincise con l?ennesimo arresto della Suu Kyi, che da allora si trova rinchiusa nella sua casa di Yangoon. «Sappiamo che sta bene, anche se non ci è concesso vederla», dice da Yangoon U-Lwin, portavoce dell?Nld.
Molte organizzazioni internazionali hanno criticato l?atteggiamento equivoco di alcuni stati dell?Unione europea nei confronti dei militari. Una delle principali risorse del Paese è il gas, che viene estratto dalla compagnia francese Total. «Come in tutte le zone del mondo in cui c?è una dittatura al potere, la presenza di una multinazionale non può che essere dannosa per la popolazione civile, che vedrà il proprio regime rafforzarsi sempre di più», commenta da Londra Marc Farmenar, dell?associazione Burma Campaign Uk, che tenta di portare l?ex Birmania all?attenzione dei media.
Eppure Europa e Stati Uniti hanno chiarito, nel corso dell?ultimo summit euro-asiatico (Asem) tenutosi in ottobre in Vietnam, di non aver nessuna intenzione di sedersi al tavolo con i politici del Myanmar, né tanto meno di presenziare a uno dei prossimi incontri, che si terrà nel 2006 proprio a Yangoon. «L?ex premier Khin Nyunt non era affatto un riformista, né un democratico», dichiara il coordinatore di Amnesty per il Myanmar, Paolo Pobbiati. «Ma ora, con Soe Win, temiamo che il Paese abbia scelto di fare un ulteriore passo indietro».

Riccardo Tabari

Info:
Burma Campaign Uk
The Burma Campaign UK

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