Mondo

Il no di Sarubbi a #FreeRossella

Trasformare la cooperante rapita in un simbolo sarebbe pericoloso per lei

di Redazione

«Per carità, un hashtag su twitter non si nega a nessuno, figuriamoci a chi se lo merita. E ben vengano pure le citazioni a Sanremo». Però. Andrea Sarubbi sul suo blog critica il movimento partito sui social network per la liberazione della cooperante Rossella Urru. C’è chi ha invitato a cambiare la foto del proprio profilo Facebook e Twitter, mettendoci la foto della cooperante sarda rapita  quattro mesi fa nel campo profughi di Hassi Raduni, c’è chi ha creato l’hashtag #RossellaUrru e #freeRossellaUrru. «Free Rossella – scrive Sarubbi – se lo slogan servisse davvero a qualcosa. Ma purtroppo la situazione è complicatissima, come qualsiasi addetto ai lavori potrebbe spiegare se solo avesse voglia di parlarne pubblicamente». Ma il sequestro della cooperante italiana è avvenuto in un’area dai confini abbastanza labili, potrebbe essere necessario coinvolgere più paesi, con la necessità di moltiplicare gli sforzi e i rischi di fallimento.

«Più se ne parla – conclude Sarubbi – peggio è, perché ogni attenzione mediatica sulla vicenda rafforza la posizione dei rapitori. E lo stesso direi se fossi un familiare di Rossella: quello che mi sta a cuore è la sua liberazione, non che diventi un simbolo, perché di fronte ai simboli – come ha dimostrato la vicenda del soldato israeliano Gilad Shalit, liberato dopo cinque anni di trattative che hanno coinvolto mezzo mondo – i negoziati si complicano all’ennesima potenza».

Il dibattito su Twitter è già caldissimo.

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