Non profit

Il non profit in cercabdel suo valore aggiunto

Verso Bertinoro Parla Ivo Colozzi, sociologo, esperto del terzo settore

di Redazione

Oggi la certificazione spesso produce burocratizzazione. E non aiuta a misurare la bontà dei servizi forniti. Ci vogliono strumenti nuovi che tengano conto dei tratti distintivi del terzo settore. «Non sono ancora pronti, ma ci stiamo lavorando»
« P arlare di qualità nel terzo settore vuol dire entrare nella prospettiva della valutazione, un tema di grande attualità», spiega Ivo Colozzi, membro della commissione scientifica di Aiccon, sociologo dell’università di Bologna (dove insegna Teoria e metodi della programmazione sociale) e attento analista del non profit (tra le sue pubblicazioni, I leader del terzo settore. Percorsi biografici, culture e stili di leadership , scritto con Riccardo Prandini, Franco Angeli editore). «E allo stesso tempo», aggiunge il professore, «significa rendersi conto che la valutazione è stata in qualche modo imposta al non profit».
Vita: In che senso?
Ivo Colozzi: Il terzo settore è entrato in maniera confusa e non programmata nei sistemi locali di welfare. Nel frattempo la pubblica amministrazione ha avviato un processo di autoriforma, per motivi economici e di adeguamento agli standard europei…
Vita: Quindi?
Colozzi: L’attenzione alla valutazione e alla rendicontazione sociale è stata imposta dall’esterno. Non è il risultato di una riflessione interna al non profit, di una maturazione nata dai cambiamenti intervenuti nelle organizzazioni e nelle relazioni con gli
stakeholders .
Vita: Con quali conseguenze?
Colozzi: L’esigenza di razionalizzazione, di controllo dei costi e di uniformità di trattamento dei cittadini-utenti, ha fatto prevalere un’idea di valutazione improntata al “controllo di gestione”. Che concerne la misurabilità delle prestazioni, l’efficienza, la definizione di standard di processo e di performance… Aspetti importanti, ma non sufficienti. Possono portare fuori strada.
Vita: Come portar fuori strada?
Colozzi: Facendo convergere l’interesse sulla verifica delle procedure e sulla bontà (qualità) dei manuali. In Italia moltissime non profit, specie cooperative sociali, hanno intrapreso la certificazione di qualità secondo le norme Iso 9000 o Vision 2000. Una scelta che può produrre una burocratizzazione delle organizzazioni e, al limite, addirittura un peggioramento della qualità: gli operatori, impegnati nella documentazione, possono essere distratti dall’erogazione del servizio. Secondo alcuni osservatori, la certificazione non offre nessuna garanzia che i servizi siano utili e rispondenti ai bisogni, vantaggiosi e pertinenti. Quindi è necessario mettere a punto nuovi approcci che tengano conto dei tratti distintivi del terzo settore e individuino il valore aggiunto, cioè la qualità specifica di queste organizzazioni.
Vita: E qual è il “valore aggiunto”?
Colozzi: È la capacità di produrre beni relazionali o di generare capitale sociale, cioè di far crescere le reti sociali, la fiducia, la reciprocità e il senso di appartenenza. Occorre valutare quanta capacità c’è in questa direzione. Al momento non esistono modelli.
Vita: Ci sono esperienze anche europee cui riferirsi?
Colozzi: Sono state proposte misure più o meno sintetiche, che hanno trovato spazio nei bilanci sociali, cito ad esempio Italia Lavoro o il tentativo di Delai. È prevedibile che l’Europa faccia proprie queste indicazioni, talmente evidente è l’inadeguatezza delle misure attuali. L’Iso 9000 ha costituito un primo passo, garantendo standard minimi che potrebbero giustificare l’accreditamento, ma non basta.
Vita: Come incentivare la qualità in un momento di risorse scarse?
Colozzi: Ad esempio collegando le quote di finanziamento alla qualità. Sarebbe un modo per pilotare e selezionare le migliori organizzazioni. La qualità nei servizi non richiede grandi investimenti di tipo impiantistico ma investimenti sul capitale umano, sulle motivazioni, sulla costruzione delle relazioni con l’esterno. Proprio perché c’è una mancanza di risorse bisogna guadagnarsele.
Vita: Che rapporto ha la qualità con la leadership?
Colozzi: Un tema molto meno maturo di quello della qualità. Abbiamo svolto una ricerca sulla leadership nelle organizzazioni non profit. Il risultato è che essa ha una sua specifica complessità che deve essere gestita in modo appropriato. Inoltre abbiamo scoperto che esiste una correlazione tra cultura dei leader e capacità di produrre capitale sociale o beni relazionali, cioè l’elemento chiave della qualità.

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