Leone XIV

Il Papa e l’Ai, un’altra Rerum per non idolatrare la tecnologia

Sabato, incontrando i cardinali, il pontefice Prevost ha chiarito la continuità con Leone XIII: affrontare una nuova rivoluzione industriale, stavolta digitale, con gli strumenti della Dottrina sociale. Ne abbiamo parlato con don Luca Peyron, sacerdote torinese, a capo dell'Apostolato digitale della sua arcidiocesi, docente della Cattolica, membro della Fondazione per l'intelligenza artificiale

di Giampaolo Cerri

«Comunque vorrei far notare che il Papa il primo giorno di pontificato ha parlato di Madonna di Pompei (di cui sono parroco), il secondo di tecnologia e missione (e coordino il servizio per l’Apostolato digitale) ed il terzo che ha scelto il nome Leone pensando all’intelligenza artificiale (di cui mi occupo con la Fondazione per l’Intelligenza Artificiale di Torino). Ma resto umile :-)».

Aldilà dell’ironia, davvero preziosa in chi fa il prete, Luca Peyron, torinese, classe 1973, in questo post sul suo profilo LinkedIn di sabato scorso, è davvero umile, perché già nel 2019 organizzava Rerum Futura, un millennials digital labo, in cui, si leggeva nel programma, «gli studenti universitari possono unirsi in modalità interdisciplinare per applicare le loro conoscenze alla risoluzione di problemi sociali, e in questo compito possono lavorare fianco a fianco con giovani di altre Chiese o di altre religioni». E, ovviamente si parlava anche delle sfide che la transizione digitale, Ai compresa, poneva in termini di equità, accesso, tutele dei diritti. 

Peyron, che insegna alla Cattolica di Milano, ha da poco portato in libreria Sconfinato. Nuove cronache di cieli sereni (edizioni San Paolo), incentrato sul rapporto tra fede, scienza, speranza e vita.

Don Peyron, il Papa in uno dei suoi primi discorsi, ha appunto fatto un riferimento esplicito al legame tra la scelta del suo nome, Leone XIV, con il pontefice della Rerum Novarum, Leone XIII, “inventore” della Dottrina sociale della Chiesa, che parlò al mondo nel pieno di una Rivoluzione industriale. Oggi la Chiesa, nel pieno di un’altra rivoluzione, quella dell’Ai, offre all’umanità i suoi insegnamenti. Lei ha appena scritto un libro su fede e scienza, ci aiuta a capirne la portata della scelta del nuovo Papa?

È una scelta indubbiamente molto forte.

don Luca Peyron

Perché?

Perché il nome per un Papa non è un vezzo, è il primo indicatore del suo sguardo e della sua sensibilità, del continuum che desidera custodire e rilanciare. Possiamo dire che è il modus con cui ritiene di interpretare il mandato petrino, il presiedere nella carità le Chiese e dunque la Chiesa universale.

Questo riferimento dritto all’intelligenza artificiale, alla tecnologia?

Già papa Francesco si è occupato di Ai in un crescendo di interventi diversi. Il fatto che per Leone sia uno dei fattori più significativi dice, per un verso, che l’intelligenza artificiale è sempre di più il fattore chiave del tempo che viviamo e dall’altro che essa incide su tutti gli aspetti della vita. Lei ha citato il mio libro Sconfinato: è un diario di viaggio in cui, attraverso l’osservazione del cielo, fatta usando tecnologia, si può scoprire un viaggio altrettanto importante dentro se stessi. La tesi di fondo è che se ci accorgessimo che il cielo sconfina con bellezza sulla terra vivremmo molto meglio la terra e le nostre relazioni. Credo che analoghe considerazioni potremmo farle per l’intelligenza artificiale. Il portato della Bibbia, il codice dei codici, può aiutarci a vivere pienamente e con speranza questo tratto della storia così tanto segnato dal codice delle macchine.

Parlando di un’umanità senza Cristo, Leone ha detto che ricade nel piacere, nel potere e ha citato anche la tecnologia. Anzi la mette proprio per prima: «Si preferiscono tecnologia, denaro, successo, potere, piacere». A quale rischio si riferisce, secondo lei?

Il rischio è quello di una escatologia tecnologica, di una sorta di idolatria della macchina, di una delega all’oggetto di quanto è proprio del soggetto. Un esempio ci può aiutare a comprendere. Di recente Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Meta, ha dichiarato che viviamo in un mondo in cui le persone non hanno amici. La sua soluzione alla solitudine dei nostri contemporanei è quella di chattare con un bot.

La soluzione della Chiesa?

Guardi, Cristo ci riporta all’autenticità dell’umano, che è relazione, generazione, fragilità e comunione. Il silicio del digitale serve, certo. Ma non serve se asserve disumanizzandoci.

E l’Ai?

L’intelligenza artificiale è una tecnologia che conferisce particolare potere e poteri. È un forte strumento di ordine e considerando che, veicolata dai nostri smartphone, abita buona parte della nostra vita, può essere utilizzata per ulteriormente polarizzare, scavare fossati, creare ingiustizie. Già un tempo si disse che l’homo sapiens è diventato homo ludens, oggi homo videns. L’accento di papa Leone è sul fatto che l’essere umano non diventi incapace di pensare. Dunque di scegliere, dunque di essere libero.

Questo è un pontefice missionario, l’Ai potrebbe anche essere uno strumento di nuova evangelizzazione e promozione umana? 

Certamente. Può essere un mezzo di promozione umana nella misura in cui càpacita l’umano, è strumento di giustizia, permette un migliore perseguimento del bene comune. Che sia strumento di annuncio in sé e per sé mi pare più difficile. Il digitale lo è, l’intelligenza artificiale in sé mi pare meno evidente.

Perché?

Perché l’evangelizzazione è in definitiva, la trasmissione di una passione per l’incontro con la persona di Cristo. Non è la trasmissione di una informazione, ma di una esperienza esistenziale. Ha bisogno di carne e sangue più che di computazione ed esattezza numerica. L’amore si mostra, non si dimostra con formule algebriche. L’intelligenza artificiale non può fare tutto. Ma è una buona notizia.

Don Luca Peyron durante Rerum futuro

Sottoscrivo. Senta, ma qualcuno paventa già rischi di oscurantismo: «I soliti cristiani timorosi del nuovo». Come risponde?

È un rischio vero, perché navighiamo tutti tra Scilla e Cariddi, tra entusiasmo cieco e paura irrazionale. Il timore dei cristiani non è nel nuovo, ma nel sin troppo vecchio umano. La tecnologia in sé è un concetto, l’intelligenza artificiale quasi uno slogan. Esistono invece i sistemi di intelligenza artificiale progettati, usati ed applicati da persone concrete. Quelle stesse che ieri ed oggi, chissà domani, sono segnate da egoismo, paura, chiusure, divisioni. I cristiani temono il male, papa Prevost ha cominciato il suo ministero dicendo però che il Male è stato sconfitto alla radice. I cristiani, e non solo loro, dovrebbero guardarsi dal male anche nel silicio. E poi, certamente, puntare al bene, al bene maggiore. Mi si lasci chiosare dicendo che i cristiani autentici non sono pessimisti, non possono esserlo, perché Cristo è risorto. Un cristiano che sia oscurantista sul serio, non tacciato di esserlo, forse tanto cristiano non è.

È un caso che diversi religiosi, tra cui lei e padre Paolo Benanti, siate apprezzati esperti di questa materia?

Mi fa sorridere il fatto che Paolo ed io ci siamo conosciuti a Torino in occasione di una iniziativa organizzata cinque anni il cui titolo era Rerum Futura, facendo il verso proprio alla Rerum Novarum di Leone XIII. Lo Spirito Santo ama giocare anche con le parole. Alcuni tra noi, come padre Benanti che lei cita, sono studiosi apprezzati che portano un contributo importante. Io mi limito a fare divulgazione.

Lei continua a restare umile, come diceva il post di Linkedin…

Credo che una formazione teologica possa essere oggi a servizio del mondo proprio perché l’intelligenza artificiale è una ambiente ed una cultura che tocca l’umano. Vorrei aggiungere una cosa…

Prego.

Che la Santa Sede, rispetto ad altre istituzioni, ha un grande vantaggio che oggi può essere a servizio di tutta l’umanità. Il Papa, ormai tra i pochi, può convocare il meglio del mondo per dialogare e costruire un pensiero solido e provato che aiuti tutti ad avere e prendere una direzione autenticamente umana. La parola “chiesa”, in greco, significa comunità radunata. La Chiesa radunata può radunare, per un futuro, come amava dire papa Francesco, umano. Con le macchine, ma a servizio della vocazione umana. Di tutti, ovunque.

In apertura Papa Leone XIV – foto Vatican Media/LaPresse

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