Mondo
Il peacekeeping che non c’è
La forza di interposizione dell'Onu manca di risorse essenziali, e i Paesi membri non rispettano gli impegni presi denuncia Amnesty International
di Redazione

Amnesty International critica la comunità internazionale per la mancanza di passi avanti nella protezione dei civili in Darfur a oltre un anno, ormai, dall’invio della forza congiunta di peacekeeping Onu-Unione africana (Unamid). Con un duro comunicato oggi l’organizzazione per i diritti umani ha rinnovato la richiesta che l’Unamid riceva truppe e risorse essenziali, come gli elicotteri, per poter svolgere il proprio mandato.
«La promessa fatta alla popolazione del Darfur, che sarebbe stata protetta grazie alla presenza della forza di peacekeeping, è risultata vuota: le risorse a disposizione dell’Unamid sono cronicamente inadeguate e gli attacchi contro i civili, comprese le uccisioni, proseguono» ha denunciato Tawanda Hondora, vicedirettore del programma Africa di Amnesty International. «Le donne sono ancora esposte al rischio di stupri e altri atti di violenza sessuale. Il clima d’insicurezza e d’impunità resta dominante».
«I recenti combattimenti di Muhajeriya sono stati solo gli ultimi di una serie di contri tra forze governative e i gruppi armati di opposizione che hanno provocato decine di morti e costretto migliaia di persone alla fuga» ha proseguito Hondora.
In questi giorni il governo sudanese e il Movimento per la Giustizia e l’Uguaglianza (Jem), uno dei principali gruppi armati in Darfur, hanno raggiunto un accordo a Doha in vista di una cessazione delle ostilità, ma gli altri gruppi combattenti nella provincia orientale del Sudan hanno rifiutato di partecipare ai negoziati che si sono svolti nel Qatar.
Amnesty International ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu di garantire che l’Unamid riceva le risorse essenziali che erano state promesse quando la forza congiunta di peacekeeping subentrò, alla fine del 2007, all’Amis, la Missione dell’Unione africana in Sudan.
«Le parole, da sole, non bastano. Non serve a niente deplorare la violenza in Darfur e dispiegare una forza di peacekeeping mal equipaggiata. L’Unamid dev’essere messa in grado di proteggere tanto sé stessa quanto la popolazione del Darfur. E’ semplicemente inaccettabile che a oltre un anno dal suo dispiegamento, i civili vivano ancora in pericolo» ha concluso Hondora.
Amnesty International ha chiesto ai paesi che si sono impegnati a mettere a disposizione dell’Unamid truppe e altro personale, di garantire che questi ricevano addestramento adeguato e siano tempestivamente inviati in Darfur. L’organizzazione per i diritti umani ha poi chiesto a tutti i paesi della comunità internazionale, in particolar modo agli stati membri del gruppo “Amici dell’Unamid”, alla Cina, al Sudafrica e all’Egitto, di usare la propria influenza per garantire che l’Unamid riceva immediatamente l’equipaggiamento militare di cui vi è urgente bisogno. «Usa, Cina, Russia, Giappone, Australia, Egitto, Sudafrica e Unione europea, tra gli altri, devono impegnarsi a inviare elicotteri e altre forniture militari essenziali» sottolinea AI.
Vuoi accedere all'archivio di VITA?
Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.