Mondo
Il pensiero di un teologo nei suoi pensieri
Al contrario di Bush che credeva nell'America come "soldato di Dio", Barack guarda alla politica con senso dei limiti
di Redazione
Sul Corriere della Sera di qualche settimana fa, Fareed Zakaria, tra i più ascoltati consiglieri di politica estera e autore del best seller Democrazia senza libertà, ha scritto: «Si dice che Obama sia un ammiratore del grande teologo Reinhold Niebuhr. La politica di Obama – portare nel mondo una visione positiva, ma facendo attenzione a non andar troppo oltre – è la messa in pratica del pensiero di Niebuhr».
Nel discorso di accettazione del premio Nobel, Obama non ha citato Niebuhr e, naturalmente, ha citato Martin Luther King, ma alcuni passaggi sembrano decisamente niebuhriani. Egli stesso si trovava a Oslo immerso in un’ironia niebuhriana: si può dare il Nobel per la pace a un presidente impegnato in guerra? Obama ha affrontato il problema, non l’ha nascosto. Ha poi riconosciuto, davanti ai seguaci di Norman Angell di ogni epoca, che lo storico Edward Carr aveva ragione settant’anni fa: la guerra non è obsoleta. La pace commerciale non è la pace perpetua. Insomma, esiste una cosa che si chiama storia, e i nostri principi e i nostri sforzi non potranno cancellare la sua esistenza, né tantomeno la presenza del male. Siamo lontani dal paradiso. Non per questo la vita è priva di significato. Proprio nel riconoscimento di questo dramma si apre la responsabilità della politica. A parte il solito universalismo, Obama crede che l’esperimento americano sia creatore e creatura della storia allo stesso tempo, al contrario degli ufficiali e dei commentatori dell’era Bush, che pensavano e pensano che l’America sia un soldato di Dio chiamato al democratismo anche in bancarotta.