Famiglia

Il Pil non misura la felicit

Lo dice anche l'Ocse

di Redazione

I soldi non fanno la felicità, e questo si sapeva. La novità è che ad accorgersene stavolta è l?Ocse, l?Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che ha pubblicato nel suo rapporto sulla crescita globale una classifica dei paesi Ocse, su dati del 2000, in base al livello medio di soddisfazione della vita. L’Ocse si spinge a definirla “felicita’”, perché gli analisti hanno messo nel paniere di calcolo, oltre al Pil, anche “fattori non soggettivi”. L’Italia è al 18° posto, sopravanzata da quasi tutta l’Europa, riuscendo a tagliare il traguardo solamente prima di Francia, Grecia, Portogallo e Spagna. Il podio è occupato, ci sono Danimarca, Irlanda e Svizzera. Al quarto posto, il Messico. Nello stilare la graduatoria, l’Ocse parte da un assunto: ?Il Pil non è il miglior indicatore del benessere? di una collettività per varie ragioni. Tanto per cominciare, non può verificare se la ricchezza è prodotta da pochi soggetti mentre magari la maggioranza della popolazione vive al di sotto della soglia di poverta’; non prende in considerazione il divertimento, “un valore sociale”, e neanche il livello di criminalità, il funzionamento della giustizia; sorvola sugli effetti negativi della produzione, come l’inquinamento ambientale o la scomparsa progressiva del tempo libero. Lo “star bene” invece, secondo l’Ocse, si calcola anche in base ad ulteriori fattori, piu’ micro che macro: avere un lavoro, godere di buona salute, riporre fiducia nelle istituzioni, conservarsi un orizzonte di crescita personale, poter contare sui legami familiari. E allora ecco che il parallelo ricchezza-felicita’ mostra la corda: i paesi piu’ ricchi dell’Ocse riportano livelli di “felicita’” poco superiori di quelli dove si vive meno agiatamente, anche se gli stati con i tassi di soddisfazione minori presentano anche redditi pro-capite piu’ bassi. Ma è un’eccezione, però, visto che basta sentire i messicani per capire che si può essere felici senza avere un Pil stratosferico. Che sia la siesta, da noi tradotta con “tempo libero” o il mare a far gioire i centroamericani, l’unica spiegazione e’ che si tratta comunque di beni che “non si vendono sul mercato – dicono all’Ocse – e che dunque non posson essere contabilizzati”. Ma anche se fosse possibile calcolare con precisione anche il tempo libero e altri beni incorporei, i primi sarebbero i lussemburghesi e i norvegesi, l’Italia sarebbe solo sedicesima. Resta piu’ di un dubbio, conclude il rapporto, su quale sia l’indicatore piu’ preciso per misurare la felicità. E quale che sia la scelta, la relazione “univoca e precisa” tra le due variabili resta non dimostrabile. Alla penultima riga del documento l’Ocse mostra una certezza: in attesa dei progressi della statistica è meglio tenersi il caro, vecchio Pil che “ha il vantaggio di poter essere misurato e comparato in quasi tutti i paesi del mondo?.

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