Mondo
Il prefetto “contro”che scommettesull’integrazione
Chi è Carlo Mosca, voce critica contro le schedature dei rom
di Redazione
«E questo chi è, il primo prefetto comunista della Repubblica?». Il prefetto di Roma Carlo Mosca, del comunista tipico, non ha proprio l’aria. Neppure lontanamente. Eppure, così pare e appare, a sentirlo parlare di “integrazione”, “diritti”, “pari dignità”. Per i rom, i rumeni e gli immigrati, mica per gli italiani. Ma chi è, il dottor Mosca? 61 anni, milanese, ex capo di Gabinetto del ministro dell’Interno, prefetto della Capitale dal 20 luglio 2007, quando il suo predecessore, Achille Serra, venne promosso ad Alto commissario per la lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione (oggi, Serra, è senatore del Pd), Mosca ha l’aplomb da diplomatico d’altri tempi, un look raffinato, l’aria mite e severa. Da quando è stato nominato prefetto, cioè in meno di un anno, a Roma, in tema di “sicurezza”, è successo di tutto. Dal barbaro omicidio della signora Reggiani al decreto in tema varato tra mille polemiche dal governo Prodi, ma senza mai superare il vaglio finale delle Camere, decreto “d’urgenza” voluto proprio dall’ex sindaco Walter Veltroni, oggi leader del Pd. Dalla “caccia” al diverso (rom, rumeno o immigrato che sia) alle campagne xenofobe. Dall’annuncio del decreto sicurezza con le nuove (e ben più ferree) norme anti clandestini subito proposto dal nuovo governo Berlusconi all’ultima trovata del ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che vorrebbe sottoporre a schedatura tutti i bambini rom (e rumeni).
Contro questa nuova politica – quella della “faccia feroce” – in materia d’immigrazione, l’indignazione delle associazioni, del volontariato, persino della Chiesa cattolica, oltre che come ovvio della sinistra, è montata e poi esplosa subito. Ma se l’avversario che, forse, non t’aspetti sono i sindaci targati Pd (e, molti, ex Ds) delle grandi città del Nord, tutti o quasi sostanzialmente d’accordo con Maroni (da Chiamparino a Penati, con la sola eccezione di Cacciari), l’amico che non t’aspetti è stato lui, il Mosca. Certo, per Mosca – come disse nel discorso del giorno del suo insediamento – «una delle esigenze fondamentali, se non la prima, dei cittadini romani è quella della sicurezza». Tutto sta a capire “come” fronteggiarla. Mosca, per dirne una, a un convegno organizzato al Senato dall’allora Prc-Se (quando, cioè, il Prc ce l’aveva ancora un gruppo parlamentare) era l’ospite d’onore e stupì i partecipanti spiegando (citazione non testuale) che «se non parli, ai rom, se non cerchi di conoscere e comprendere la loro cultura, i loro costumi, usi e tradizioni, finisci solo per ghettizzarli, per ridurli in un limbo e costringerli all’illegalità». La stoccata era per il Veltroni, allora sindaco. Russo Spena, allora capogruppo del Prc, e Ferrero, allora ministro comunista, apprezzarono e ne ricambiarono apertamente la stima.
Oggi, Mosca, la stoccata l’ha riservata direttamente a Maroni: nella riunione di tutti i prefetti ha espresso i suoi dubbi (molti) sulla pratica della schedatura dei bambini rom. Maroni non ha affatto gradito. Ora, però, a Mosca non resta altro che applicare la legge. Non gli piace né poco né punto, pensiamo, per averlo sentito parlare, ma resta un servitore. Dello Stato. Lo farà con coscienza e scrupolo, ma non con inutile severità. Non è il suo stile.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.