Non profit
Il riordino non cura l’allergia alla tecnica
I dati sulle iscrizioni alle superiori commentati da un esperto
di Redazione

Diminuiscono ancora le scelte per gli istituti tecnici e professionali, nonostante
i cambiamenti voluti
dalla Gelmini: «La colpa? L’assenza di un orientamento fatto
con professionalità.
Ma soprattutto un deficit culturale, che mette sempre al primo posto
la formazione umanistica»
Più di 499mila alunni delle scuole medie italiane, pari al 94,7% del totale, hanno scelto le superiori in cui andranno a settembre 2010. Al liceo scientifico – tradizionale e nell’opzione scienze applicate – è andata la preferenza della maggioranza con il 25%. Anche gli altri licei, guidati dal classico (8,4%), hanno registrato un numero di iscritti superiore ai frequentanti dell’anno scolastico 2009-2010. Gli istituti tecnici e i professionali, invece, hanno perso dall’1,6% (i professionali del settore servizi) all’1,3% (i tecnici del settore economico). Come vanno interpretati questi dati? È una bocciatura del riordino dell’istruzione tecnica, proprio adesso che è entrata nel vivo con la pubblicazione delle Linee guida alle quali si possono proporre emendamenti entro la fine di maggio e l’inizio di giugno? L’abbiamo chiesto ad Alberto Felice De Toni, presidente della Commissione nazionale per la riorganizzazione degli istituti tecnici e professionali nonché responsabile della Delivery Unit che segue le sperimentazioni in Lombardia, Veneto, Lazio, Abruzzo, Puglia e Sicilia.
Vita: I risultati degli iscritti alle superiori sembrano premiare i licei e bocciare gli istituti tecnici e professionali. Significa che non è stato apprezzato il loro riordino?
Alberto Felice De Toni: Non si possono ricavare conclusioni serie circa la relazione tra il riordino degli istituti e il numero degli iscritti, perché la reale conoscenza da parte delle famiglie e dei ragazzi sul riordino è stata limitata. Per cominciare a ragionare sulla percezione del riordino da parte delle famiglie e dei ragazzi bisognerà aspettare almeno tre anni.
Vita: Genitori e figli erano poco informati perché i percorsi di orientamento sono stati lacunosi. Come mai?
De Toni: Non c’è stato tempo. E non per colpa del ministero, ma principalmente della conferenza Stato-Regioni che ha ritardato a causa di conflitti storici tuttora presenti.
Vita: E il prossimo anno? Ritiene che si riuscirà a dare maggiori informazioni e in tempo utile?
De Toni: Oggi l’orientamento nelle scuole medie inferiori è fatto sostanzialmente dai docenti di Lettere. Quando va bene, non si conoscono a fondo le opportunità degli istituti tecnici e dei professionali. Quando va male, persistono i pregiudizi in base ai quali se uno studente è bravo va al liceo, se è meno bravo va ai tecnici, se è scadente va nei professionali.
Vita: È solo colpa degli insegnanti di Lettere?
De Toni: Ovviamente no. È l’impianto della scuola italiana: alla fine rimane gentiliano. Quindi è un problema che non si può risolvere con un’azione di breve termine, ma per il quale bisogna lavorare sul lungo periodo valorizzando e qualificando l’istruzione tecnica e professionale.
Vita: Torniamo all’orientamento.
De Toni: L’orientamento non può essere lasciato alla buona volontà dei docenti, per quanto volenterosi. Bisogna prevedere il coinvolgimento di un ente nazionale che partecipa alla vita della scuola a cui affidare l’organizzazione di una serie di attività per gli orientatori.
Vita: Questo richiede tempi lunghi. Intanto le imprese manifatturiere lamentano la mancanza di 76mila unità con formazione tecnica.
De Toni: L’assenza di personale tecnico-scientifico è un problema strutturale che va al di là delle scelte degli istituti tecnici e professionali. Ci sono molti iscritti in Giurisprudenza e nelle facoltà umanistiche, ma pochi nelle facoltà scientifiche. È un problema più ampio legato a ragioni culturali.
Vita: Ma allora il riordino a che cosa è servito?
De Toni: Con il riordino abbiamo ridotto gli indirizzi e messo l’accento sulla preparazione di base. Inoltre, abbiamo individuato degli asset di sviluppo tecnologico di concerto anche con le linee guida dell’industria.
Vita: Che cosa potrà impedire il successo di questa parte della riforma?
De Toni: La disponibilità o meno delle risorse economiche. Servono investimenti per l’orientamento, la formazione dei docenti, la riqualificazione nella didattica. Così come servono investimenti per i laboratori e l’edilizia scolastica. Qualsiasi riordino didattico che non sia accompagnato dagli investimenti, rischia di non partire bene. Il riordino è il progetto di una casa. Adesso, per costruirla, bisogna procurarsi i materiali e i muratori.
Vita: Ma lei è fiducioso che nel lungo periodo si riuscirà a venirne a capo?
De Toni: Nella scuola non è previsto alcun percorso di carriera per i docenti, se non per i dirigenti scolastici. Ma è una carriera di natura organizzativa, non didattica. È così dal dopoguerra. E questo la dice lunga su una situazione in cui i cambiamenti non sono semplici. Se si pensa di risolvere tutti i problemi della scuola soltanto con i riordini didattici, si sbaglia. Il riordino didattico è uno dei pezzi del mosaico. Gli altri vanno dalla governance alla formazione, fino alla carriera dei docenti. La scuola è un grande cantiere in cui c’è molto da fare. Non servono trionfalismi o demagogia.
Vita: Qual è il bilancio del suo lavoro alla Commissione di riordino dell’istruzione tecnica?
De Toni: Per due anni ho lavorato insieme a 50 persone provenienti da esperienze diverse e da riferimenti politici differenti. Eppure tutti abbiamo impostato il lavoro sul realismo. Perché la scuola è di tutti, non di una parte politica. Per questo abbiamo sempre cercato di recepire le varie istanze senza farci trascinare da tendenze ideologiche che non fanno il bene della scuola né quello dei ragazzi e neppure del Paese.
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