Cinquantamila in piazza del Duomo a Milano per la beatificazione di don Gnocchi. Uno spettacolo imponente e semplice al tempo stesso, perché frutto maturo di un pensiero e di un’azione che hanno messo salde radici popolari, nel cuore della gente di ogni ceto e di ogni orientamento, non solo politico, ma anche religioso.
Certo il mondo è cambiato da quando si parlava di “mutilatini” e di “polio”. A proposito di parole, oggi don Gnocchi dovrebbe leggersi la Convenzione Onu, ma troverebbe in quel testo la conferma di una sua intuizione profonda e profetica: la centralità della persona, la dignità della persona, anche quando fortemente ferita nel corpo e nella mente. Oggi, in realtà, è difficile trovare figure di questo spessore, di questa incredibile grandezza morale e organizzativa. Ma la folla di domenica testimonia quanto a lungo resista un pensiero positivo, un’azione concreta e solidale, un’organizzazione capace di modificarsi e di leggere i tempi. Conosco da vicino il Siva, il servizio valutazione ausili realizzato in via Capecelatro, la storica sede del Don Gnocchi. Un servizio moderno, serio, attento, che continua a sfornare strumenti di informazione e di partecipazione alla conoscenza, punto di riferimento per la cultura degli ausili tecnologici, non solo in Italia, ma in Europa e anche oltre. Attorno all’ingegner Renzo Andrich lavora un gruppo di persone motivate, preparate e sensibili. Certo, non fanno notizia tutti i giorni, lavorano su progetti a lungo termine. Ma se possono lavorare su questo terreno impervio (guardare la banca dati del Siva significa capire al volo quanto importante sarebbe rinnovare oggi e subito il nomenclatore tariffario degli ausili) il merito è da attribuire alla grande forza di una struttura potente e flessibile. Che ha imparato a rimanere aperta al mondo. Solidarietà, ricerca e innovazione non sono termini lontani, ma volti diversi dello stesso progetto.
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